Quelle telefonate non erano lecite, condannato Caianiello
Il collegio giudicante del tribunale bustocco ha comminato una pena di un anno e 4 mesi e l'interdizione dai pubblici uffici all'ex-presidente di Amsc e attuale direttore di Impianti e Servizi. No comment da parte dell'esponente Pdl
Gioacchino Caianiello è stato condannato a un anno e 4 mesi con interdizione dai pubblici uffici per tutto il periodo della condanna e al pagamento delle spese processuali per peculato. L’attuale direttore generale di Amsc impianti e servizi, era finito sotto processo per una serie di telefonate private effettuate con il telefono aziendale tra il 2007 e il 2009, quando era presidente dell’azienda speciale gallaratese. Per il collegio giudicante presieduto da Toni Adet Novik (giudici a latere Luisa Bovitutti e Olimpia Bossi) l’esponente del Pdl è colpevole del reato di peculato per aver usato un telefono aziendale a fini prettamente privati causando un danno all’azienda a capitale interamente pubblico di quasi mille euro.
La richiesta di pena da parte del pubblico ministero Roberto Pirro era stata di 3 anni senza attenuanti. Nella sua requisitoria Pirro ha duramente censurato il comportamento tenuto sia dall’imputato che dai suoi legali ipotizzando un abuso di difesa quando questi hanno prodotto l’ormai famoso documento che attestava l’uso del telefonino aziendale anche per telefonate private: Pirro l’ha definito posticcio e che poteva ingannare solo un bambino. Per questo, infatti, è indagato Ernesto Fornara, allora direttore dell’azienda, il quale ha apposto la firma in calce a quel documento. Il pm ha anche puntato il dito sui contenuti di quelle telefonate e videochiamate definite come a sfondo erotico.
La difesa, rappresentata dai legali Stefano Besani ed Enrico Candiani, ha puntato sul fatto che Amsc è un’azienda di diritto privato in quanto società per azioni come stabilito dalla legge del ’90 che eliminò le municipalizzate. Secondo Candiani il fatto che fosse a capitale interamente pubblico è assolutamente trascurabile. Besani, invece, ha puntato il dito contro l’accusa parlando di un’inchiesta moralistica partita da una pruderia degli inquirenti che stavano lavorando su tutt’altro (l’indagine Lolita). I legali hanno anche ribadito come quel documento fosse assolutamente veritiero e il fatto che non fosse stato archiviato nell’archivio informatico perchè Amsc non è un ministero bulgaro fatto di regole e burocrazia. I giudici, però, non hanno ritenuto valida la tesi difensiva condannando Caianiello. Il direttore di Amsc, presente per la prima volta in aula, non ha battuto ciglio al momento della lettura della sentenza da parte del presidente Novik, uscito dalla camera di consiglio dopo 20 minuti, e non ha voluto rilasciare alcun commento all’uscita dall’aula, stessa linea per i suoi legali. Con tutta probabilità, comunque, le difese ricorreranno in appello.
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