In aiuto ai serbi del Kosovo, il viaggio di Stefano Gussoni

La prima puntata del viaggio di un bustocco con un carico di speranze per i bambini delle scuole della minoranza serba nel Paese albanofono

Mercoledì 13 aprile si parte. Alle 6.00 ritrovo a Busto e poi via: destinazione Belgrado. Bel tempo e poco traffico, tutto lascia prevedere un viaggio piacevole. Il navigatore indica dieci ore all’arrivo, soste comprese. Alle 18.00 saremo a destinazione, in tempo per goderci un po’ di buona cucina serba e una camminata per le vie acciottolate di Skadarska (la centralissima strada in stile Bohemien di Belgrado).
Non è andata così in realtà: abituati alla libera circolazione delle merci tra gli stati dell’Unione non abbiamo considerato cosa significhi avere a che fare con le dogane. Poco importa che la merce trasportata (gli aiuti raccolti in questa prima fase del progetto: 22 Personal Computer per aule scolastiche, medicinali, giocattoli, cancelleria e dolci pasquali) abbia una destinazione umanitaria. Complessivamente, tra Croazia, Slovenia e Serbia, abbiamo perso ben otto ore per le incombenze burocratiche, oltre alla cauzione di 500€ e altri 65€ di tariffe e balzelli doganali. Raggiungeremo la capitale solo alle tre di notte, esausti. Prima di addormentarci, pensiamo che forse l’Unione Europea a qualcosa serve. Queste Strade d’Europa, tanto amate, le vivremo certamente in altri modi.

Giovedì 14 incontriamo nel Palazzo del Governo di Belgrado la dott.ssa Kruna Petkovic e la dott.ssa Sladjana Marcovic, rispettivamente Sottosegretario del Ministero di Belgrado per il Kosovo e Metohija e Assistente, già incontrate nella spedizione di capodanno. Oltre al piacere di ritrovarsi, accogliendoci con un banchetto allestito nell’ufficio del Sottosegretario, facciamo il punto della situazione sul progetto. I ringraziamenti non ci sembrano né dovuti né forzosi: quello che stiamo cercando di fare per loro è molto importante. Purtroppo ci informano che appena due giorni fa è stata distrutta un’altra Chiesa Ortodossa in Kosovo e che il progressivo ritiro delle truppe della KFOR programmato sarà un disastro. «Chi proteggerà ora la culla della nostra cultura?» ci domandano preoccupate e ci pregano di far conoscere il più possibile la terribile situazione del Kosovo. Impresa ardua, pensiamo noi, ma da cui non ci tireremo indietro. Con questa promessa ci accomiatiamo. Domani ripartiremo con destinazione Mitrovica. La seconda fase del progetto “Accendiamo la Speranza” comincia ad entrare nel vivo.

15 Aprile. Alle 9:00 puntuali lasciamo Belgrado e indirizziamo i nostri due mezzi verso il Kosovo. Ci godiamo il viaggio. Il paesaggio serbo, prevalentemente di pianura, avanza davanti ai nostri occhi: la ruralità di alcuni posti aggiunti alla “modernità” dei mezzi che incrociamo proietta le nostre menti ad immagini viste in filmati in bianco e nero. Belgrado e la Serbia sono così, sospesi tra voglia del nuovo e un’economia che stenta a decollare. Lasciato alle spalle il bellissimo Monastero di Zica (primo patriarcato della Chiesa autocefala serba) che sorge nelle vicinanze della città di Kraljevo – dove si trovano ancora oggi decine di migliaia di profughi serbi scappati dal Kosovo dal ’99 in poi -, incominciano le bellissime valli del sud serbo, attraversate dal fiume Ibar. Il confine si avvicina e sentiamo la tensione alzarsi un po’, o meglio la premonizione per ciò che ci aspetterà in Kosovo. In realtà la linea amministrativa (così chiamata dai serbi che non riconoscono il la legittimità del governo di Pristina) la passiamo agilmente così come la linea di confine gestita da Eulex (la polizia dell’Unione Europea chiamata a gestire la transizione dei poteri dai serbi ai Kosovari). Questa parte Nord del Kosovo, che si stende fino alla parte nord della città di Kosovska Mitrovica è abitata solo da serbi.

Eulex ci comunica che dovremo però recarci a Mitrovica sud, al terminal doganale dove il materiale trasportato dovrà essere accettato e dove verranno tolti i sigilli posti sul nostro minivan. Per precauzione contattiamo l’Ambasciata Italiana di Pristina segnalando la nostra presenza; le risposte che riceviamo, una volta compreso che il materiale è destinato alle enclaves serbe del sud del Kosovo, non sono di certo incoraggianti. Giunti a Mitrovica prendiamo contatto con i Carabinieri della MSU i quali, molto gentilmente, ci accompagnano fino al terminal doganale… e qui iniziano i problemi. Le autorità doganali albanesi cominciano a richiederci una serie di documentazione difficile a prodursi (teniamo conto che tutto il resto delle dogane sono state passate senza problemi) che riusciamo comunque a consegnare. Alla fine saranno più di tre ore di attesa, in una dogana impossibile a vedersi… tre ore di attesa per sentirci dire alla fine che i beni da noi trasportati, una piccola donazione per motivi umanitari (computer, cancelleria, colombe pasquali) deve essere autorizzato niente di meno che dal Governo del Kosovo.

Cioè in pratica ci chiedono che sia la neo insediata Presidente Atifete Jahjaga a firmare l’autorizzazione alla donazione (il che francamente ci pare un po’ esagerato). Cresce in noi il “leggerissimo” sospetto che le autorità locali, vista la destinazione dei beni creino quante più lungaggini burocratiche possibili al fine di spazientire i donatori. Tanto basta, come arrivo in Kosovo, per capire che sotto la patina di un’apparente autorità legittima, covino ancora odi e rancori che la “buona” volontà internazionale non potrà risolvere tanto facilmente. Riecheggiano in noi, come monito, le parole del Sottosegretario serbo “i problemi continueranno ancora a lungo”. Ora siamo in attesa del supporto dell’Ambasciata Italiana, bloccati a Mitrovica nord in una situazione di cui non possiamo prevederne il termine. Sospesi in balia di un arbitrio le cui ragioni sono chiarissime, spiegarlo ai più sarà difficile…
Benvenuti in Kosovo, pensiamo.

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Pubblicato il 20 Aprile 2011
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