Chanel N° 5: profumo di mamma

Cinquant'anni fa moriva una donna il cui profumo, ancora oggi dopo un secolo, celebra l’odore unico di sua madre

Generica 2020

Mademoiselle Gabrielle Bonheur Chanel, nota come Coco, nasce nel 1883 in un ospizio per poveri e muore il 10 gennaio 1971 nella sua suite all’hotel Ritz di Parigi. A dodici anni, dopo la morte della madre, viene trasferita in un orfanatrofio delle suore del Sacro Cuore, dove vive fino alla maggiore età imparando, tra le altre cose, le prime nozioni di cucito.

Chanel e tutta la primazia produttiva francese nel campo dei profumi devono molto ad un’altra orfana. Caterina Maria Romula di Lorenzo de’ Medici, nota come Caterina de’ Medici, nasce nel 1519 a Firenze e, dopo la morte nel giro di meno di un mese di entrambi i genitori, viene trasferita a Roma, allevata da sua nonna Alfonsina Orsini e, alla sua morte, posta sotto la tutela delle vecchie zie di famiglia, Clarice de’ Medici e Maria Salviati. Caterina nel 1533 ha 14 anni e sposa il coetaneo Enrico II di Valois, futuro re di Francia. Quando la duchessa d’Urbino si trasferisce a Parigi, porta con sé Renato Bianco, il suo profumiere personale, ribattezzato René le Florentin. I francesi dell’epoca sono poco familiari con i profumi, tanto che le dame di compagnia italiane di Caterina si posizionano sotto il naso piccole sfere d’oro o d’argento contenenti fragranze, per difendersi dal diffuso cattivo odore.

L’Italia è la culla della profumeria moderna, nonostante ancora oggi sia opinione diffusa che la tradizione, nel modo occidentale, sia nata in Francia. In realtà la storia dei profumi è ancestrale, anzi viscerale. L’olfatto ci permette di percepire la qualità e l’identità delle molecole volatili nell’aria. Siamo capaci di discriminare circa 10 mila odori differenti, se non abbiamo il raffreddore. Infatti olfatto e gusto sono connessi in modo funzionale e la congestione delle vie aeree ci può far sentire i cibi come se avessero tutti lo steso sapore. I malati di Covid-19, ad esempio, subiscono nel 7% dei casi una deformazione olfattiva, per cui sentono il caffè con odore di benzina o carne fresca con odore di carne putrefatta. A poche ore di vita il neonato può differenziare stimoli olfattivi quali: anice, rosa, petrolio, alcol ed elaborare ricordi di tipo odoroso. Si orienta nell’ambiente traendo molte informazioni dall’olfatto, in particolare per distinguere la madre da altre donne. Orientarsi verso la fonte di cibo lo aiuta a formare le prime forme di interazione sociale, in particolare nella formazione del legame di attaccamento, quando altri canali sensoriali, come quello visivo o uditivo, non consentono una discriminazione chiara. Il bambino preferisce quegli odori che associa a situazioni piacevoli. Più l’emozione è intensa, più l’informazione olfattiva sarà memorizzata rapidamente.

Quindi l’importanza dell’olfatto nella specie umana nasce in relazione al nutrimento e si estende alle relazioni sociali, al sesso, e ai riti. Non a caso la parola profumo deriva dalla parola latina per fumum cioè “attraverso il fumo”. L’origine etimologica proviene dall’utilizzo di alcuni oli e aromi essenziali, come l’incenso, che vengono bruciati in offerta a dei e antenati. La Bibbia recita: “Non manchi mai il profumo sul tuo capo”, indicando il connubio tra igiene, purificazione corporale e piacere dell’anima.

I precursori delle dame di compagnia di Caterina de Medici sono gli egizi che utilizzano la profumazione per le imbalsamazioni e la toeletta quotidiana di uomini e donne in occasione di banchetti sacri e processioni, con l’usanza di portare sul capo un cono di grasso profumato, che si scioglie durante la giornata per rilasciare la scia aromatica. Cleopatra profuma le vele della sua nave prima degli incontri con Marco Antonio.

La diffusione dell’uso delle fragranze, è poi legato alla civiltà greca e romana, quando gli uomini iniziano a farne uso esclusivamente a scopo di piacere personale. Le acque odorose che servono per rinfrescare l’ambiente, diventano simbolo di raffinatezza e di bellezza femminile di cui è profumato anche il Vangelo: «Maria allora, presa una libbra di olio profumato di vero nardo, assai prezioso, cosparse i piedi di Gesù e li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì del profumo dell’unguento». Tra i più appassionati di profumo troviamo Nerone, che, prima dell’intera Roma, brucia mirra e incenso per profumare i palazzi imperiali, e usa petali di rosa e acque profumate per cospargere gli ospiti durante le sue feste. Gli arabi inventano l’alambicco (dall’arabo al-anbiq), dove, invece dei corpi grassi, il vettore del profumo diviene l’alcool. Con Marco Polo e la sua via della seta arrivano nuove materie prime che fanno di Venezia la culla della profumeria in Europa. Le vetrerie di Murano offrono finissimi flaconi e bottiglie, i contenitori più adatti per fragranze alcoliche ad elevata volatilità. Alcuni profumieri italiani creano l’aqua mirabilis, una soluzione alcolica al 95% che si rivela ideale per la diluizione. Il viaggio etereo del profumo continua con Cristoforo Colombo che apre nuove rotte per importare cacao, tabacco, vaniglia, cannella, benzoino, pepe, garofano e zenzero, elementi che diventano oro nelle mani giuste di un altro italiano. Giovanni Maria Farina, decide di dare un tocco di originalità alle eau de parfum dell’epoca, aggiungendovi il rosmarino. Nel 1693, quando si reca a Colonia, in Germania, comincia a commercializzare quest’acqua col nome di Acqua di Colonia, amata da Napoleone e Voltaire, e con i quali torniamo in Francia. Col passare del tempo il profumo comincia ad assumere una connotazione edonistica sempre più accesa portando a considerarlo come un bene raffinato e molto prezioso. Come risultato, indossare il profumo diviene indice di appartenenza ad un’elevata classe sociale e di stile.

Coco ha 37 anni, quando chiede a Ernest Beaux, sofisticato profumiere di origine russa, un profumo artificiale rivoluzionario, dicendogli: «Le donne non sono fiori, perché dovrebbero desiderare di avere l’odore dei fiori? Non voglio una rosa o un mughetto, voglio una fragranza che sia una composizione». Beaux, che incidentalmente significa bellissimo in francese, è esperto di aldeidi, misteriosi ingredienti presenti in natura e sintetizzati chimicamente, dalle caratteristiche uniche e imprevedibili dal punto di vista olfattivo. L’odore delle aldeidi può spaziare dalle puzze più fastidiose, pensiamo ad esempio alla formaldeide usatissima in passato come disinfettante negli ospedali, agli aromi più piacevoli come la vaniglia, il latte di mandorle, la liquerizia e la cannella, che devono il loro odore proprio a delle aldeidi. In profumeria si usano le aldeidi alifatiche, un atomo di ossigeno con una coda di 6-18 atomi di carbonio, perché, oltre alla propria fragranza, rendono più intense e durature le note floreali.

Dopo due mesi di lavoro, il profumiere le presenta dieci campioni, numerati dall’1 al 5 e dal 20 al 24. Lei sceglie il n°5, quello sbagliato. Il profumo più famoso di sempre (80 milioni di boccette vendute) e unico capo di abbigliamento indossato per andare a letto da un’altra ragazza abbandonata dalla madre, Norma Jeane Mortenson Baker Monroe, nota come Marylin, è il risultato di un errore. Il profumo magico di quella boccetta, maldestramente dosata con un eccesso di aldeide da un assistente di Beaux, le ricorda la pelle di sua mamma, lavandaia della Provenza. Nel 1921, cento anni fa, Chanel decide: «Lancio la mia collezione il 5 maggio, il quinto mese dell’anno, lascerò che questo numero gli porti fortuna». Il resto è storia.

«La forza si ottiene con i fallimenti, non con i propri successi… Un uomo può indossare ciò che vuole. Resterà sempre un accessorio della donna… La felicità non è altro che il profumo del nostro animo», Coco Chanel.

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Pubblicato il 10 Gennaio 2021
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