Nello studio di Ottavio Missoni, per ricordare i 100 anni dalla sua nascita
E' nato l'11 febbraio 1921 il grande artista e stilista che ha passato gran parte della sua lunga vita a Sumirago. Il suo ritratto, nei ricordi del figlio Luca
L’11 febbraio 2021 è un anniversario importante per la moda italiana, per il Gallaratese e anche per la storia d’Italia in generale: ricorrono infatti i 100 anni dalla nascita di Ottavio Missoni, scomparso 8 anni fa a 92 anni, dopo una vita intensa, creativa e piena di colori.
L’eredità che il grande stilista ha lasciato è innanzitutto fisica: una famiglia intera che – ognuno per la sua parte – porta avanti un pezzo di quella immensa vitalità che ha potuto spargere a chi gli stava vicino.
L’eredità professionale e creativa è consegnata ai posteri, ed è raccontata in questi giorni dai più grandi nomi della moda, del giornalismo, della letteratura. Noi proviamo a farlo con un ritratto di famiglia, approfittando della disponibilità del figlio, Luca Missoni, che ringraziamo.
GLI ANNIVERSARI, UN’OCCASIONE PER SCOPRIRE NUOVI PARTICOLARI SU CHI TI ERA VICINO
«Questi eventi sono sempre occasione per conoscere cose prima non avevi visto o incontrato. Andando a cercare foto o racconti, rileggendo i suoi scritti o i suoi disegni, sentendo gli amici o raccontando la sua storia di sportivo, emergono sempre cose nuove» comincia così la chiacchierata in occasione del centesimo anniversario della nascita di Ottavio Missoni con Luca, secondo figlio dell’artista e stilista.
«Per esempio, ci siamo resi conto che ha cominciato a essere uno sportivo di fama nazionale fin da giovanissimo cercando tra i suoi ritagli: abbiamo rieditato gli album con i ritagli di giornale che lui conservava delle sue vittorie nella corsa. Ritagli che iniziano dal 1934: già a 13 – 14 anni vinceva gare di atletica e di nuoto importanti. Dovendo rimettere in ordine la biografia, ti accorgi di tanti dettagli che non avevi notato prima».
Cimeli della sua vita sportiva nel nuovo allestimento al museo MaGaIL SUO STUDIO, LA SUA MEMORIA
I “reperti”, spesso ancora sconosciuti anche ai famigliari, si trovano tutti nel suo studio di Sumirago, quello dove fino all’ultimo ha lavorato, coltivato la vena artistica e le sue relazioni. «Lo studio è rimasto inaccessibile da allora. Abbiamo le chiavi solo io e mia mamma, ogni tanto andiamo e finiamo sempre per trovarci cose incredibili. Le prime volte c’era del timore, la paura di violare uno spazio. Dopo un po’ di tempo però ci si sente più disinvolti».
Ottavio Missoni nel suo studio. Foto del 2011Punto forte della quella stanza è il tavolo, rimasto ingombro di tutte le sue ispirazioni: «Adesso ho la documentazione del suo piano di lavoro, che ho fotografato, per mantenerne il ricordo di com’era quand’è successo. Riaprendo la porta dopo dieci anni sembra ieri, ma allo stesso tempo è tutto diverso».
Tra i più felici ritrovamenti, c’è una vecchia foto: «Quella della tenda dove ha trascorso la prigionia. Ce ne parlava tanto, noi fantasticavamo su come fosse, lui rispondeva che da qualche parte una foto l’aveva, ma non l’avevamo mai vista, alla fine. L’abbiamo ritrovata poco tempo fa. Certo, se l’avesse mostrata lui ci avrebbe raccontato anche delle persone che erano nella foto, ma ritrovarla è stata una bella sorpresa».
Una cosa invece che non ha ancora trovato: «Ma sono certo che prima o poi troverò, erano gli studi che faceva per piantare i fiori in giardino. Disegnava dei veri e propri progetti, poi ordinava i bulbi, faceva i suoi ragionamenti, li piantava e l’anno dopo, progetto alla mano, lo verificava nella realtà. L’ha fatto per piu di un decennio, da quando siamo venuti ad abitare qui, a Sumirago».
UN GIARDINO CHE FIORISCE TUTTI I GIORNI DELL’ANNO
Con lo spostamento dell’azienda a Sumirago, la famiglia Missoni ha trovato il suo quartier generale e nello stesso tempo il nido famigliare: «Lì i miei genitori avevano avuto la possibilità di realizzare una fabbrica a loro misura, con la vista verso i monti, il giardino – spiega Luca Missoni – Da li è cominciato il nuovo ciclo, qui hanno costruito anche la loro casa. In quei nuovi spazi, lui si dedicava a creare un mondo sempre fiorito. Era molto orgoglioso del fatto che era riuscito a creare un giardino dove in qualunque mese dell’anno c’erano piante che fiorivano: diceva che l’aveva fatto per mia mamma, . Lui regalava spesso fiori, a modo suo: nel senso che spesso si presentava con un mazzo di fiori, non recisi, ma disegnati da lui (Vedi immagine sulla sinistra). Era il suo modo di fare gli auguri».
La vista del giardino dalla finestra dello studioOTTAVIO MISSONI E IL LAVORO DI FAMIGLIA
La presenza di Ottavio Missoni nell’azienda non si è persa con la sua morte: «L’arrivo dell’anniversario del centenario della sua nascita ha potenziato la sua presenza all’interno dell’azienda: la sua figura è diventata man mano più carismatica – spiega – Ci si accorge sempre di più dell’importanza e dell’attualità dei suoi lavori, anche a distanza di tanti anni».
Uno dei suoi disegni-studio per i coloriI suoi ricordi lavorativi con il padre risalgono invece all’adolescenza: «Con mio papà ho iniziato lavorando sulle macchine di maglieria, che mi affascinavano: a sedici anni ero sempre in fabbrica, specie quando abbiamo cambiato casa. Man mano mi faceva scoprire le tecniche, con una forma di insegnamento semplice: mi lasciava fare per un po’, poi mi chiamava in studio per dirmi “Mi sono reso conto che fate certe cose come le faccio io, perciò adesso le fate voi”. E’ capitato lo stesso quando sono andato con lui nelle stamperie: era un lavoro che si faceva molto in quegli anni per riprodurre i nostri disegni sui tessuti in jersey. La prima volta mi ha portato a vedere cosa faceva, la seconda volta mi ha lasciato fare qualche domanda, alla terza mi ha detto “vai tu”».
I RICORDI DI OTTAVIO NEI GESTI DELLA FAMIGLIA
Alcuni gesti, ora, si tramandano. «A volte mi capita di cucinare con loro. Ricordo che noi lo facevamo da bambini: papà decideva che voleva farlo e ci preparava le uova strapazzate, o le palacinche (le crepes austroungariche, ndr) con la marmellata e noi eravamo insieme a lui. Quando faceva i più complicati “scampi alla Busara”, invece, non voleva gente in giro, rimaneva concentrato. Comunque, faceva queste cose semplici, per bambini e ragazzi: e ogni tanto le facciamo anche noi con i figli»
Il ricordo fisico del padre invece è ovunque: «Ci sono fotografie e disegni in casa e dove lavoriamo, ma la realtà è che ovunque ci giriamo c’è un segno grafico che lo ricorda. E non parlo solo dello studio: non solo da quella stanza, ma da tutta la loro casa si può capire la loro storia».
DA PADRE A ICONA: LE MOSTRE PER RICORDARLO
«Entrare nel suo studio è una esperienza importante e non è stato facile farlo nei primi anni. Ora c’è gente che ci chiede di vederlo, e di quando in quando lo apriamo, per rendere l’idea della sua creatività e del suo lavoro – spiega Luca Missoni – Così stiamo lavorando ad una mostra prevista per l’autunno, dove il suo studio laboratorio sarà una parte interessante del progetto. Prima era troppo presto per realizzare qualcosa del genere ma l’avevamo in testa da sempre».
A raccogliere i ricordi di una straordinaria vita non c’è solo lo studio: «Abbiamo l’archivio, dove si conserva tutto quello che ha rappresentato e vi sono due tipi di attività: l’archiviazione intesa come storia – le immagini, i documenti, gli schizzi – e la parte fisica – i tessuti, i vestiti realizzati, gli arazzi, i disegni. Siamo organizzati per conservare. Perché questa diventi una casa museo c’è tempo, anche perché abitiamo qui: ma per fortuna le sue opere d’arte sono già esposte in forma permanente al MA*GA di Gallarate, che è un’eccellenza culturale di questo territorio, e di cui sono fiero presidente dell’Associazione Amici del Museo».
La nuova sala degli arazziIl nuovo allestimento della sala degli arazzi è un modo per celebrarlo:«C’è la documentazione relativa agli arazzi e gli originali dei disegni – Elenca – Ci sono sei quadri dei primi anni ’70, c’è lo studio pittorico: Poi c’è la parte sportiva della sua storia che, in fondo, racconta del perché è venuto a Gallarate. Quando mio padre e mia madre si sono sposati, lui era ancora un atleta della “Gallaratese”, anche se la sua attività aziendale di realizzazione di tute sportive era a Gorizia. Lui ha continuato per un po’ a fare sport agonistico, anche dopo sposato: è andato avanti fino al 1955».
Tra gli oggetti e i ricordi, c’è anche, infine, un oggetto ideato da suo figlio per ricordarlo: «Nella sala nuova degli arazzi c’è un bell’oggetto divertente dedicato alla parte sportiva – spiega – Utilizzando delle foto del 1937 ho creato uno zootropio che riesce a dare l’idea del suo modo di correre. All’inizio voleva essere un semplice gioco, ma è venuta una bella installazione. Rende l’idea della falcata che aveva, che tutti giudicavano cosi elegante, da gazzella. Era già un fenomeno a quell’epoca: fu il più giovane atleta nazionale di sempre».
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