Vaccini: la Varese “ai margini” aspetta di conoscere la sua sorte
Qualcuno penserà a mettere in sicurezza i più fragili, e chi lavora per loro? Ad affrontare la questione, per la città di Varese, è l'assessore ai servizi sociali Roberto Molinari: ma abbiamo ascoltato anche i principali operatori
La confusione sui vaccini è tanta, le priorità rischiano continuamente di “saltare”, c’è apprensione su quando e come si potrà essere vaccinati. Un problema per tutti, ma che diventa sempre più grande e drammatico quanto più ci si avvicina al margine della società. Ed è proprio tra chi si cura delle persone in difficoltà che sta crescendo la principale preoccupazione su come viene affrontata la parte sanitaria per questo settore, costituito da persone fragili tanto quando quelle con problemi sanitari o anziane, ma che sfuggono a liste o statistiche.
Ad affrontare la questione, per la città di Varese, è l’assessore ai servizi sociali Roberto Molinari: «In Regione siamo arrivati al quinto piano vaccinale. E’ comprensibile che ci siano correzioni per colmare lacune e parti non stabilite fin da subito – spiega l’assessore – ma questa vaghezza crea una serie di preoccupazioni, soprattutto per chi è chiamato a dare risposte senza averne competenze».
All’interno di questo quadro: «Mi sento di lanciare una sorta di appello, nei confronti di soggetti che non sono stati ancora bene identificati. Parlo del terzo settore, in particolare quello non impegnato in attività di tipo sanitario, ma in attività sociali. Quell’area, per esempio, che si occupa di marginalità e grave marginalità: e intendo gli operatori e i volontari, che spesso non sono operatori sanitari, ma anche gli utenti, che sfuggono spesso anche all’anagrafe perchè senza dimora. Io vedo molta attenzione ai sanitari, stanno già vaccinando gli insegnanti, ma non ho visto alcun pensiero per questi settori. Eppure è urgente mettere in sicurezza anche quelli».
Il primo problema è di responsabilità: «In questo caso chi deve decidere? Regione o Ats? È importante capire la filiera del comando – sottolinea Molinari – Ats Milano, per esempio, si sta muovendo nella direzione di vaccinare anche questa parte di terzo settore. È una decisione autonoma o c’è una direttiva generale? Faccio queste domande perchè me lo chiedono gli operatori e io a questo proposito non ho una risposta, ne positiva ne negativa, perchè nessuno ha affrontato il problema. Troppo spesso si considera risolto il terzo settore perchè si pensa sia solo di tipo sanitario, e quindi già ricompreso in altre liste. Ma c’e un terzo settore di cui non si parla, quello della grande marginalità, che è altrettanto importante. Sono persone che non rientrano nei circuiti ma che, se curate, a noi consentono di mantenere la pace sociale, che in questo momento è in pericolo».
LA SITUAZIONE AI MARGINI: PARLANO GLI OPERATORI
Ma qual è la vera situazione di chi opera sul campo a Varese? Quanti sono vaccinati, quali sono i problemi di chi giorno per giorno si occupa di tali fragilità? abbiamo provato a chiederlo ad alcune delle più importanti realtà del terzo settore “di strada”. Partendo da una domanda uguale per tutti: “Come siete messi con le vaccinazioni?”.
Roberta Bettoni, cooperativa lotta contro l’emarginazione
«Come stiamo a vaccinazioni? Zero. Noi a Varese siamo sede operativa di un’organizzazione che ha sede legale a Sesto S.Giovanni e quindi “tastiamo il polso” a diverse realtà sanitarie, accorgendoci che non tutte le Ats si comportano allo stesso modo. In particolare, io sono responsabile di un gruppo di circa 50 operatori, per i quali abbiamo fatto richiesta di vaccino, e fino ad oggi non ci hanno risposto. O meglio, ci hanno detto che devono dare priorità ad ottantenni, disabili, insegnanti, operatori sanitari e RSA. La nostra situazione però è questa: abbiamo un “drop in” per i senza fissa dimora e tossicodipendenti, abbiamo persone che lavorano in strada con tossicodipendenti e prostitute. Direi che siamo sufficientemente a rischio. Inoltre siamo a conoscenza del fatto che la situazione fuori regione è diversa. A Torino per esempio operatori e volontari simili ai nostri sono già stati vaccinati: Ma anche a Brescia, cioè in Lombardia, sono già stati vaccinati, considerandoli come operatori dell’emergenza. I nostri operatori che lavorano a Milano con le donne maltrattate sono già stati vaccinati tutti. La verità è che, tolte alcune categorie certe, che sono note a tutti, per il resto non si sa come procedere. E il problema dei volontari è solo uno degli aspetti da chiarire: noi abbiamo anche il problema degli utenti, che sono difficilissimi da far seguire e farli rientrare in un piano di cura, men che meno in un piano vaccinale. Per loro, non c’è nessuna indicazione di nessun tipo».
Davide Zanzi, Cooperativa san Luigi, Casa della Carità/Pane di Sant’Antonio
«Io ho scritto subito all’Ats per richiederli: perchè nei nostri progetti in housing abbiamo dei vecchietti, e anche messi un po’ male: ultrasettantenni in ossigenoterapia, per dire… ma non abbiamo avuto riscontri. Per quanto riguarda gli operatori, si sono prenotati per il vaccino e pian piano lo faranno tutti, ma la nostra preoccupazione ora sono gli utenti, perchè non capiamo letteralmente che cosa faranno. Di tutto questo problema, la cosa peggiore è senza dubbio la mancanza di comunicazione: abbiamo interlocuzione con i comuni, che hanno peraltro le nostre stesse difficoltà, ma con Ats è davvero difficile dialogare».
Fiorella Gazzetta, Sanità di Frontiera
«Quando è stato il momento di fare richiesta abbiamo mandato subito una mail affinché sia noi che gli utenti avessimo la vaccinazione. L’ho inviata a gennaio, e non ho avuto ancora risposta. Per quanto riguarda i volontari, c’era un link dell’Asst che permetteva di iscriversi alle associazioni sanitarie di primo soccorso. Un link che per i nostri medici, paramedici e volontari ha funzionato benissimo, anche perché non faceva distinzioni. Una buona cosa perché alcuni dei nostri volontari più anziani, anche non sanitari, hanno potuto ritornare a operare dopo il vaccino: noi siamo di norma in 50, ora siamo 30-35, ma ci siamo ritrovati anche in 12 a causa della loro comprensibile mancanza. Ci occupiamo, spesso su strada, di persone senza permesso di soggiorno o di senza fissa dimora, è una attività molto esposta. Noi però chiediamo il vaccino per tutti i nostri assistiti non solo fragili o patologici, e anche i senza fissa dimora: perchè vediamo con i nostri occhi quanto sia impossibile per loro rispondere alle prescrizioni anticovid innanzitutto per il fatto che non hanno una casa, o che spesso la condividono in famiglie allargate piene di gente».
Andrea Menegotto, City Angels
«I nostri volontari sono vaccinati ma per un motivo preciso: noi abbiamo un protocollo di intesa con Asst Valle Olona, e diversi dei nostri prestano servizio presso gli ospedali di Busto e Gallarate. Non ci siamo mai fermati e interveniamo in ambiti di rischio, dove si possono trovare persone positive: dalla strada al pronto soccorso. Per questo ci hanno convocato per fare il vaccino come operatori sanitari. Poi questi volontari in servizio a Busto vengono anche a Varese, nei casi più critici e quindi sono già protetti. Noi a Varese seguiamo in particolare il dormitorio e alcuni casi “di strada”: per loro però non abbiamo risposte. Noi in particolare abbiamo utenti anche ultrasettantenni e senzatetto, che vengono al dormitorio o troviamo sulla strada, che spesso sono non certificabili anagraficamente. Quando una persona perde la residenza perde ogni riferimento e diritto al medico: il che significa che queste persone per le strutture sanitarie non esistono. Noi stiamo cercando di censire la situazione, ma anche di cercare di sanare le situazioni più difficili: anche perchè è necessario prima o poi avere un medico, per potersi far somministrare il vaccino».
Maria Rosa Sabella, centro diurno “Il Viandante”
«In che situazione siamo con i vaccini? Inesistente. Dei nostri volontari qualcuno si è vaccinato per conto suo, rientrando in qualche categoria o arrangiandosi. Per dire, quelli piu anziani erano stati chiamati per le vaccinazioni ma poi rimandati indietro con tante scuse dicendo che non le avrebbero più fatte. Gli utenti non sono stati considerati nemmeno di striscio. Qualcuno ha fatto il tampone, ma solo per entrare nei dormitori. E c’è chi ha chiesto a me qui al centro di aprire la mail che gli comunicava i risultati. Fortunatamente, era negativo»
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