Dall’Olanda all’Albania passando da Gallarate: la rotta della cocaina
La Polizia ha lavorato per mesi per ricostruire l'intera "filiera" del traffico di droga, che a Gallarate usava come nascondigli i cassonetti degli abiti usati. Cocaina e contanti viaggiavano nascosti su camion e anche su pullman
Un fiume di cocaina, carichi da 20-25 chili a volta, che arrivavano in Italia ogni mese e mezzo. È la rotta della droga scoperta dal Commissariato di Gallarate, con l’indagine – durata mesi – che è stata ribattezzata “Yellow bins”, bidoni gialli, i cassonetti della raccolta di abiti usati che venivano impiegati come depositi di transito della cocaina.
L’organizzazione che gestiva il traffico di droga era formata esclusivamente da albanesi. La rotta, secondo la ricostruzione del Commissariato diretto da Luigi Marsico, era aperta da sei anni, ma è stata “intercettata” nel 2020, grazie a una piccola imprudenza del capo della banda a Gallarate: il 55enne s’infilava i guanti nel momento in cui maneggiava i cassonetti degli abiti usati gestiti dalla cooperativa Exodus per cui lavorava (la realtà fondata da don Mazzi era estranea e «parte lesa», sottolineano gli inquirenti).
La Polizia ha sequestrato complessivamente oltre 24 chili di cocaina e 80mila euro di contantiDa lì, dopo mesi di indagini fatte di pedinamenti e intercettazioni ambientali, la Polizia ha ricostruito esattamente la filiera della droga. «Lo stupefacente arrivava dal Nord Europa, a bordo di auto o autoarticolati» spiega il commissario capo Marsico. «Arrivava ogni mese e mezzo, con carichi di 20-25 chili alla volta, scaricati a Cassano Magnago».
Il gruppo criminale nel giro di due giorni smistava rapidamente lo stupefacente. «L’ultimo carico (dei tre documentati direttamente dalla Polizia, ndr) veniva dall’Olanda, la cocaina aveva una purezza del 93%, veniva poi “tagliata” subito». Il giro d’affari era enorme, visto che da ogni chilo di coca tagliata si possono ricavare fino a 150mila euro.
Sgominata banda di spacciatori a Gallarate, nascondevano la cocaina nei cassonetti dei vestiti
I proventi dello spaccio finivano in Albania: carichi di decine di migliaia di euro in contanti venivano affidati ad autotrasportatori ma anche a pullman diretti nei Balcani. Gli autisti prendevano mille euro per ogni carico di denaro trasferito verso l’Albania.
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