Tessile e Moda: “Un piano di rilancio da 8 miliardi per la filiera nazionale”
Il commento del presidente del gruppo merceologico Piero Sandroni: “Stiamo soffrendo più di altri settori industriali. Chiediamo di dar seguito ad un piano industriale come quello presentato al Governo dal Sistema Moda Italia"
«Il 2020 per il comparto tessile-moda è stato un anno molto difficile. Insieme ai settori del turismo, e della ristorazione siamo quelli che più hanno sofferto le ripercussioni economiche della pandemia. Se, infatti, nel trimestre estivo il tessile e abbigliamento ha avuto un piccolo recupero, dopo il forte colpo subito nei primi mesi dell’anno, l’ultimo periodo del 2020 ha segnato ancora un rallentamento e il 2021 non si prospetta migliore». È questo il quadro presentato da Piero Sandroni, presidente del gruppo merceologico “Tessile e abbigliamento” durante l’assemblea annuale di settore delle imprese associate all’Unione degli Industriali della Provincia di Varese.
(nella foto un reparto dello stabilimento Missoni)
LE IMPRESE NON INTRAVEDONO MIGLIORAMENTI
Secondo l’ultima indagine congiunturale dell’Ufficio studi di Univa, l’ultimo trimestre del 2020 si è chiuso con il 33% delle imprese varesine del tessile e abbigliamento che registrava un calo produttivo, il 38,3% ha dichiarato livelli stabili, mentre solo il 28,7% ha migliorato le proprie performance. «Preoccupano molto le previsioni per i primi mesi del 2021 – spiega Sandroni -. Il 63,7% delle aziende si attende un ulteriore calo della produzione, il 36,3% stabilità, mentre nessuna delle realtà sondate dal nostro Ufficio studi vede all’orizzonte miglioramenti dell’attività produttiva».
A dare ulteriore conferma della situazione incerta sono i dati relativi all’import e all’export. Rispetto al 2019 il settore ha registrato rispettivamente un calo del -9,8% e del -12,9%. “L’andamento delle esportazioni del tessile varesino risulta essere il peggiore tra i settori manifatturieri della provincia”, chiosa Sandroni preoccupato. Il quadro territoriale rappresenta, però, solo la punta di un iceberg di una filiera della moda messa in ginocchio a livello nazionale. «Un comparto che conta molto in termini di partecipazione all’economia della provincia di Varese – ricorda Sandroni -. Varese è la nona provincia in Italia per numero di imprese (1.475) e per numero di addetti (12.323)».
IL PIANO DI RILANCIO PRESENTATO AL MISE
Da qui l’importanza per tutto il territorio del piano di rilancio del settore presentato nei giorni scorsi al Governo, e più nello specifico al ministro dello Sviluppo Economico, Giancarlo Giorgetti, dall’associazione di categoria di Confindustria, SMI – Sistema Moda Italia, il cui presidente è il bustocco Marino Vago, past president dell’Unione industriali. Un piano realizzato con il contributo scientifico della Liuc – Business School. «Un piano strategico che, come Gruppo merceologico di Univa, condividiamo e supportiamo in tutti i suoi punti – spiega Sandroni – perché non rappresenta una semplice o generica richiesta di aiuto, ma un vero e proprio piano pragmatico di politica industriale di rilancio competitivo del settore».
La filiera rischia a livello nazionale la cancellazione di 70mila posti di lavoro: questo lo scenario, secondo Confindustria Moda, che si va delineando da qui ai prossimi tre anni se non verranno messi subito in campo interventi strutturali a sostegno del settore simbolo del made in Italy”. Sul punto è intervenuto durante l’Assemblea dei tessili varesini anche lo stesso Presidente di SMI, Marino Vago: «Abbiamo preparato un paper che contiene proposte concrete e attivabili in tempi rapidi. Il documento prende in considerazione dati di economia reale, elaborati dalla divisione ricerca applicata e advisory della Liuc – Business School. Il dossier presentato al Mise non chiede ristori, ma punta tutto su una solida e articolata politica di investimenti. Un piano d’azione di 8 miliardi di euro diviso in tre macrocategorie. Tra gli aspetti più importanti ci sono interventi d’aiuto alle pmi in difficoltà, per esempio con il prolungamento della Cassa Covid. Interventi strategici di medio periodo sull’economia circolare, l’innovazione creativa, la digitalizzazione e il recupero di competitività settoriale. Infine, sono necessarie azioni di lungo periodo, in rafforzamento e completamento delle misure previste nella fase precedente, eminentemente strutturali, negli ambiti della promozione, della formazione e della riqualificazione delle risorse umane».
Su un aspetto ci ha tenuto a porre l’accento Vago: «Non siamo andati dal Governo con il cappello in mano, ma con l’orgoglio dell’industria che rappresentiamo fatta di 45mila imprese e 400mila addetti. Per una realtà così importante abbiamo chiesto di mettere in campo le stesse risorse che sono state spese, inutilmente, per salvare una sola azienda: Alitalia. Noi non chiediamo di salvare il settore, ma di rilanciarlo con investimenti di cui abbiamo misurato, grazie alle competenze della Liuc – Business School, gli impatti e i benefici per tutta l’economia nazionale».
IL CONTRIBUTO DELLA LIUC
Metodo confermato dal rettore della Liuc, Federico Visconti: «L’ateneo ha contribuito alla realizzazione del dossier presentato da SMI, con un’analisi econometrica sull’andamento della filiera del tessile. L’indagine effettuata si è sviluppata su quattro passaggi. Come prima cosa abbiamo analizzato la filiera della moda. In secondo luogo, è stato esaminato lo scenario inerziale. Successivamente, è stata progettata una policy a supporto e infine abbiamo applicato una misurazione degli effetti delle politiche proposte. Questo percorso delinea un metodo innovativo e funzionale allo sviluppo di una politica industriale per il Paese che può essere applicata anche ad altri settori».
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