Gli If e la sequenza di Fibonacci
Anche in Inghilterra c’era qualche ottima big band

Avevamo visto a suo tempo, con gli esordi di Chicago e Blood Sweat & Tears, l’avvento delle big band in quel genere che veniva denominato jazz rock. Non ne avevamo più parlato ma godeva e avrebbe continuato a godere di ottima salute: i Chicago sono stati a loro dire la band più longeva senza interruzioni nel rock . L’Inghilterra non ne era stata esclusa, anche se in verità non si avevano grandi riscontri di vendite, ed il gruppo che meglio rappresentava questo genere – parliamo di big band perché altrimenti c’erano Nucleus e Soft Machine – fu certamente quello degli If. Si erano formati nel 1969 intorno al sassofonista Dick Morrissey e al chitarrista Terry Smith, entrambi vincitori dei referendum sui migliori strumentisti del Melody Maker, e sebbene fossero in sette, avevano la particolarità di non avere ottoni ma solamente sassofoni. Sull’onda proprio dei Chicago, decisero di non dare un titolo ai propri album ma di usare i numeri romani: non ebbero però la loro stessa durata – i Chicago arrivarono a XXXVI! – e si fermarono a quattro per poi cambiare formazione e realizzarne qualche altro meno interessante. Non ebbero certo il successo dei loro corrispondenti americani, ma certo vale la pena conoscerli.
Curiosità: come i matematici ben sanno, la sequenza di Fibonacci, alla quale è dedicato il pezzo di apertura, è quella in cui ogni numero è la somma dei due precedenti (0, 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13…). Sembra un giochino da Settimana Enigmistica, mentre in realtà è importante in molti campi, compresa la musica…
La Rubrica 50 anni fa la musica
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