Calo di turisti sulla cabinovia di Laveno: “La gente ha paura ma i nostri impianti sono sicuri”

Dopo la tragedia del Mottarone, le conseguenze si sono fatte sentire anche sulla Sponda Magra e i turisti della cabinovia che porta al Sasso del Ferro sono calati fino all'80 per cento

Pochi, pochissimi turisti. Nessuno vuole più salire sulla bidonvia e quelle cabine che una volta erano viste come l’occasione per una gita fuori porta ora fanno paura. «Abbiamo registrato un calo drastico, sopratutto da parte degli italiani nel fine settimana». La tragedia del Mottarone ha cambiato tutto. Ancora troppo vicine le immagini del terribile incidente che è costato la vita a quattordici persone solo poco più di un mese fa. Non ci si fida più.

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La cabinovia di Laveno Mombello sul Lago Maggiore 4 di 21

La bidonvia di Laveno Mombello

«Durante la settimana il calo si attesta fra il 50 e il 60 per cento, durante il weekend la percentuale arriva fino all’80». Questo significa che da 700/1000 persone nel fine settimana si è passati a 100. 

A fare una fotografia della situazione è Marco Nigro, caposervizio della cabinovia che collega Laveno Mombello con il Sasso del Ferro, una di quelle consigliate dalla guide turistiche e solitamente prese d’assolto durante l’estate. «Le persone hanno perso fiducia nelle funivie in generale; il fatto che siamo posizionati sul Lago Maggiore non è a nostro favore». 

Il Mottarone si trova nella sponda opposta. È proprio di fronte ed una delle prime montagne che si vedono quanto le cabine prendono quota. Le due sponde, la “grassa” e la “magra” abituate a contendersi i turisti stranieri, ora affrontano insieme una ferita che non si rimarginerà facilmente.

La bidonvia di Laveno Mombello

«Speriamo che le cose migliorino», racconta Macro Nigro mentre nel telefonino conserva le immagini di tramonti e panorami senza eguali scattati in cima al Sasso del Ferro. «Prendo questa cabinovia almeno tre volte al giorno, capisco che questo non può essere una garanzia per tutti ma non lo farei se non fosse sicura». E continua: «Le funivie sono tra i mezzi di trasporto più controllati, sia da persona interno che esterno». Quando gli si chiede dei fatti del Mottarone commenta: «Ho sempre individuato nel fattore umano l’anello debole che ha provocato l’incidente. Da capo servizio posso dire che mai e poi mai, se non avessi delle sicurezze, farei funzionare questo impianto».

Marco Nigro lavora alla Funivie del Lago Maggiore dal 2017 e mentre ne parla si commuove: «Lo faccio con passione. Ti mette a contatto con persone di tutto il mondo, vedere che ti ringraziano è emozionante». La cabinovia si prende dal centro di Laveno Mombello e arriva fino a poggio Sant’Elsa, a quasi mille metri di altezza. La struttura è stata costruita nel 1963 e rinnovata nel 2006. Si tratta di ottanta cabine che in meno di venti minuti arrivano in cima al Sasso del Ferro dove si trovano un bar, un ristorante e un albergo. Per gli amanti del deltaplano è una meta usuale. 

La bidonvia di Laveno Mombello

Il punto forte è il panorama. Dalla cima si vede buona parte del Lago Maggiore, le isole Borromee, parte della Valcuvia. Ma questo ora non basta. «La stagione va malino – racconta Paola Mattioni che gestisce la funicolare e le strutture di ricezione in cima -. La gente ha paura ed è comprensibile ma gli impianti su fune sono tra i più sicuri». Mattioni spiega che la funivia è stata acquistata ed è gestita dalla sua famiglia dal 1965. L’accesso al Sasso del Ferro è possibile solo tramite cabinovia o a piedi, su per una scarpinata che parte da Vararo. Di conseguenza anche per le attività in cima le cose procedono a rilento durante una stagione turistica che è già difficile a causa della pandemia.

Adelia Brigo
adelia.brigo@varesenews.it

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Pubblicato il 03 Luglio 2021
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