“Siamo andati a Genova pacifici, ingenuamente forse, ma nessuno immaginava una violenza così”
Il ricordo di Cinzia Colombo, ex consigliera comunale di Gallarate: " La manifestazione di Genova doveva essere pacifica, festosa, per un altro mondo possibile, per un futuro migliore"
(Foto da Indymedia)
Genova 2001 è stata un pagina nerissima della nostra democrazia.
Il primo impatto con Genova per me è stato il 20 luglio: una fiumana di gente con la bandiera della pace, già dall’autostrada. La polizia fermava i pullman, i manifestanti camminavano per chilometri prima di raggiungere l’inizio della manifestazione. Avevo 30 anni.
C’erano tantissimi giovani, liceali, c’erano le mutande esposte ovunque sui balconi, contro il preteso decoro per il G8. Sentivamo di essere dalla parte giusta: faceva caldissimo e la gente dalle case ci passava acqua in tutti i modi, anche con la canna legata al rubinetto.
Il percorso che ho fatto io il 20 in corteo non ha avuto problemi. Ci hanno fermati ma abbiamo potuto proseguire. Poi tante volanti della polizia che andavano avanti e indietro: ha iniziato a circolare la notizia che ci fossero stati morti. Qualcuno aveva il telefonino ma funzionavano sì e no. La conferma che un ragazzo era stato ucciso l’abbiamo avuta in pullman, al rientro.
Ci siamo posti il problema se fosse giusto tornare sabato a manifestare, dopo che un ragazzo era stato ucciso. La manifestazione di Genova doveva essere pacifica, festosa, per un altro mondo possibile, per un futuro migliore, ma dopo la morte di un ragazzo il clima non sarebbe stato lo stesso.
Abbiamo deciso di tornare, era giusto. Avevamo il timore che qualcuno si tirasse indietro e invece no, i pullman sono rimasti pieni e abbiamo dovuto dire di no a chi ci chiamava perché i democratici avevano deciso invece di non partire.
Anche sabato 21 eravamo tanti, tantissimi. Il primo momento è stato quasi di festa, per la gioia di essere ancora uniti, insieme, decisi. Poi sono arrivate le cariche, la violenza cieca. Ricordo la gente sanguinante: giovani, anziani, tutti che scappavamo senza sapere dove andare. Ricordo i manganelli, le facce piene di sangue, la fuga. Al ritrovo per tornare a casa mancavano diverse persone all’appello, ma alla fine siamo riusciti a recuperare tutti.
La paura mi è rimasta per giorni. Da allora non ho mai più guardato un’auto della polizia o dei carabinieri con la certezza, che avevo prima di Genova, che fossero lì a difendermi.
È stata un’esperienza forte. La paura innanzi tutto. Poi la rabbia, che è rimasta per tanto tempo. Continuo a pensare che il movimento chiedeva cose giuste, riscuoteva un consenso trasversale, sempre più forte, Genova lo ha frammentato. Io ero di Rifondazione Comunista ma non portavamo le bandiere, perché nel movimento l’appartenenza era messa da parte in nome di obiettivi comuni anche con una grossa fetta del mondo cattolico.
Siamo andati a Genova pacifici, senza un servizio d’ordine, ingenuamente forse, ma nessuno immaginava una violenza così, organizzata e prolungata. Non solo in corteo: la gente, completamente disarmata, veniva inseguita anche nei vicoli dai manganelli. Ovunque c’erano teste sanguinanti, braccia e nasi rotti. Quella violenza così forte e determinata aveva uno scopo, voleva rompere la forza di questo movimento per un mondo diverso. Volevamo mettere l’interesse delle persone prima dei profitti. Un principio necessario anche oggi, anche in materia di salute pubblica globale.
Cinzia Colombo
Gallarate
Educatrice, ex consigliera comunale di Gallarate
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