Infermieri delle RSA: non solo cura ma anche pazienza e rispetto

All'interno delle residenze sociosanitarie, la figura dell'infermiere è spesso centrale nelle equipe multidisciplinari. Alle terapie uniscono compiti organizzativi e manageriali che puntano al benessere dell'intera comunità. I casi delle Rsa Moroni di Castellanza e Menotti Bassani di Laveno

Fondazione Moroni
Si prendono cura degli ospiti, li accudiscono, li seguono per lungo tempo. Sono un punto di riferimento per i pazienti ma anche per i familiari. Hanno competenze sanitarie, gestionali e organizzative. Sono professionali ma sanno anche essere presenti in modo emotivamente rispettoso. Sono gli infermieri delle RSA, la figura centrale dell’equipe multidisciplinare e multiprofessionale impegnata nell’assistenza degli ospiti di ciascuna residenza .
 
« Rispetto a qualche decina di anni fa, quando la RSA Bassani di Laveno Mombello fungeva soprattutto da casa-albergo – spiega il direttore  dottor Giovanni Bianchi – oggi  si danno diamo risposte a persone che non hanno una reale alternativa: o sono ammalate e richiedono assistenza qualificata che la famiglia non è in grado di garantire oppure presentano una condizione sociale delicata. Il personale delle RSA non si sostituisce mai ai famigliari, ma li aiuta e supporta nella ricerca della miglior qualità della vita del proprio caro».
 
Tutti abbiamo ben presente il lavoro e il valore degli infermieri, nelle corsie degli ospedali, al letto del ricoverato per somministrare una cura o prendere i parametri: « La professionalità è la stessa ma il lavoro è differente – racconta la dottoressa Chiara Mazzetti direttore sanitario della Fondazione Moroni a Castellanza – In una struttura socio sanitaria, l’infermiere è il perno attorno a cui si costruisce la squadra. È colui che coordina, gestisce, osserva e dà l’orientamento sull’assistenza da garantire. Lavora in squadra con medici, OSS e ASA, fisioterapisti, psicomotricisti, educatori, in un progetto unico e corale, dove si persegue l’approccio tarato sul singolo ospite».
 
La lungodegenza è l’elemento che fa la differenza tra un reparto ospedaliero e una struttura sociosanitaria. Il tempo permette un lavoro ricco e dinamico, focalizzato sul benessere, così da evolvere seguendo le necessità emergenti: « La caratteristica principale della figura infermieristica è la pazienza, – commenta il direttore della Bassani  – l’infermiere si pone al servizio, con serenità e attenzione. Conosce  chi ha davanti e ne accetta ogni  qualità o limite. Accoglie sia l’ospite sia i familiari e quanti facciano parte del mondo dell’anziano così da restarne centrali».
 
Gli infermieri che arrivano a lavorare in una RSA spesso scoprono un mondo nuovo: « Nei percorsi accademici non è previsto il tirocinio nelle RSA – fa notare la direttrice  Mazzetti – così, all’improvviso, vengono a contatto con una realtà inedita e interessante. Si lavora in equipe, multidisciplinare e multiprofessionale. La geriatria  è una branca composita che somma diversi aspetti. Si acquisiscono competenze trasversali, si impara a coordinare e organizzare non soltanto la parte sanitaria ma anche quella sociale e residenziale. La nostra fondazione, inoltre, offre un ventaglio differente di servizi: dalla residenzialità al centro diurno, alla RSA aperta a domicilio sino all’assistenza domiciliare integrata. Ciascuno di questi ambiti presuppone  attività differenti, ma sempre costruiti sulla persona. Non si tratta solo di somministrare terapie ma di farsi carico della quotidianità di ciascuno, entrando in punta di piedi nella sua storia personale».
 
 È proprio la relazione il valore intrinseco di questa attività lavorativa: « E’ assodato   che chiunque scelga di fare l’infermiere metta al primo posto la volontà di curare e assistere gli altri – afferma Gianni Bianchi – In una RSA oltre a queste doti professionali, occorrono anche altre capacità di tipo manageriale perché si è chiamati a gestire l’intera comunità».
 
Anche nel campo socio sanitario, quindi, c’è possibilità di fare carriera, di arrivare a coordinare servizi o unità residenziali se non la struttura nel suo complesso: « A volte si ritiene, erroneamente, che lavorare nel sistema socio sanitario sia più semplice e poco professionalizzante – rivela la direttrice sanitaria di Castellanza –  Invece è complesso e necessita una preparazione tarata che va alimentata da corsi di formazione. Ci sono quelli specifici che parlano di clinica e quindi di malattie, ma ci sono anche percorsi per occuparsi di servizi sul territorio con la complessità che comporta l’organizzazione. I nostri infermieri hanno un obiettivo ben chiaro: raggiungere e mantenere una buona qualità della vita del proprio paziente, evitare l’ospedalizzazione e l’emergere di urgenze. Qui la forza di una RSA, insieme alla relazione rispettosa della storia identitaria dell’ospite. I neo laureati che lavorano in una RSA maturano un’esperienza importante perchè ampia e varia. Un bagaglio che tornerà loro sempre utile».
 
 Malati cronici, non autosufficienti, affetti da demenze più o meno lievi, o fisicamente deboli, sino ai degenti dell’hospice: il ventaglio di d’opportunità di cura all’interno delle RSA è garantito proprio dalla formula della multidisciplinarietà dove tutti lavorano per perseguire un solo fine «Non è la patologia che determina la qualità della vita, ma la capacità di mettere insieme una serie di informazioni e di individuare la presa in carico complessiva che dia il benessere» conclude la dottoressa Mazzetti.

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Pubblicato il 19 Luglio 2021
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