Guccini: «A Varese mi hanno rubato il borsello»

Il primo Premio Chiara "Le parole della musica" è andato al grande autore emiliano, diviso tra musica e letteratura. Una serata informale e gradevolissima per le 500 persone accorse alle ville Ponti

 «Come vede Varese la accoglie sempre con grande affetto: del resto il suo primo concerto in un palasport l’ha tenuto qui. Che ricordo ha di quella serata?».
«Che mi hanno rubato il borsello. E avevo pure dentro 50mila lire, mica poche per l’epoca, perchè volevo comprare qualcosa in Svizzera». Comincia così, con una risata generale pochi secondi dopo una standing ovation, l’incontro con Francesco Guccini alle Ville Ponti.

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L’incontro con il grande autore – ché cantautore è riduttivo, considerata la sua produzione letteraria – è l’evento clou del festival del Racconto: Guccini è qui per ricevere il “Premio Chiara – Le parole della musica” , prima edizione di un premio alla carriera che l’associazione vuole assegnare ogni anno a un cantautore che si è particolarmente distinto per capacità narrative.

Ma Francesco Guccini, fin dall’inizio, non recita la parte del mito. La serata diventa subito una imperdibile chiacchierata da bar, tra amici: quelli che condividono con lui gli anni del club Tenco, il più importante festival cantautorale italiano, che in questa occasione ha incontrato il premio Chiara.

Hanno fatto da straordinari comprimari innanzitutto Vittorio Colombo, che Varese conosce come responsabile della pagine di Varese del quotidiano la Provincia ma che da molti anni fa parte della giuria del Premio Tenco. Ma anche Enrico de Angelis e Antonio Silva: il primo giornalista e critico musicale nonchè direttore artistico del Premio, il secondo preside a Cantù e storico presentatore del premio, oltre a esere stato il mitico “Dio” di Cuore, il responsabile della rubrica “Il Giudizio Universale”.  Soprattutto con loro due Guccini inanella una gag dietro l’altra: come tre amici al bar – che nel caso specifico è la sala Napoleonica delle Ville Ponti, 400 posti a sedere pieni zeppi e molta gente in piedi – in vena di ricordare la vita di provincia che era e che non è più.

Dalla caldaia  a pellets «Che funziona malissimo, mica come la stufa» alla sua “S” strascicata presa solo quando si è trasferito a Bologna, che «Mio padre non gradiva, e mi faceva fare esercizi pieni di esse per riabituarmi alla dizione normale», il cantautore traccia tra chiacchiere e risate una realtà di provincia che consola, sfuggendo ad ogni costo la retorica e riportando a piccoli spunti quotidiani anche gli argomenti più impegnativi. Quando de Angelis gli chiede cosa pensa dell’immigrazione in Italia, il cantautore risponde parlando dei calabresi e dei sardi che c’erano al suo paese e che ha scoperto “non essere” del suo paese solo da grande, e dei suoi nuovi vicini rumeni che gli hanno portato un giorno delle galline stranissime con delle bizzarre piume: che lui credeva provenienti dalla Romania, e che invece gli hanno spiegato essere cinesi. Per Guccini infatti la globalizzazione parte “dalle piumette per aria” che avevano quella galline: e da quella prospettiva di paese diventa più facile risolvere meglio, più lievemente e con maggiore concretezza, le grandi questioni della vita, quelle che quando la vita non la si conosce diventano “questioni ideologiche”.

La vignetta di Staino su GucciniI toni del discorso non cambiano nemmeno quando si parlano degli incontri e delle collaborazioni altissime che ha avuto il Guccini cantautore, testimoniati dai filmati del Club Tenco.
L’imperativo è minimizzare, riportare al piccolo quotidiano. Come quando Antonio Silva ricorda come Guccini sia stato «Uno dei più grandi animatori del “Dopo Tenco”, le cene dopo gli incontri giornalieri – spiega il preside presentatore – Lui ne inventò di tutti i colori, creò persino un incidente diplomatico con l’ambasciatore di Cuba, perchè concluse l’inno cubano con una canzone di montagna».
O come quando l’autore ricorda, di fronte alla vignetta di Staino regalata a Guccini proprio in occasione dell’incontro varesino: «Ho scoperto che nel periodo in cui avevo una morosa a Firenze, Staino ne aveva una a Modena: quando l’abbiamo saputo ci siamo detti che sarebbe stato più pratico scambiarsele».

Alla fine, nemmeno una nota è risuonata da parte di questo signore “nato nella prima metà del secolo scorso” ma nessuno ne ha sentito la mancanza. Perchè la sua più straordinaria capacità, ben riassunta nella motivazione del premio che gli è stato consegnato dal patron della Ghost Records Francesco Brezzi, è stata in questa serata abbondantemente elargita: “aver raccontato come nessuno la grazia o il tedio a morte del vivere in provincia”.

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Pubblicato il 03 Ottobre 2010
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