È meglio fare il lavapiatti a Londra o il cameriere a Varese? È una questione di prospettiva
Passione e senso del sacrificio sono importanti ma i giovani che lavorano nel settore del turismo chiedono qualcosa di più. Durante la presentazione della ricerca commissionata dall'Ente bilaterale del turismo e terziario c'è stato un confronto schietto tra ricercatori e imprenditori
Dall’incontro organizzato dall’Ente bilaterale del turismo e terziario della provincia di Varese, oltre a una serie di dati che ha fotografato la situazione circa il mismatch tra domanda e offerta di lavoro nel settore del turismo, è emerso un confronto molto schietto tra chi studia a livello accademico le dinamiche del mercato del lavoro e chi, come gli imprenditori, lotta ogni giorno per tenere in piedi l’impresa in un contesto in cui trovare personale, cameriere o cuoco che sia, è diventata una missione quasi impossibile.
Uno di questi è Giordano Ferrarese, ristoratore e presidente di Fipe Varese, la federazione italiana dei pubblici esercizi. «Quando ho iniziato avevo un sogno e una passione – ha detto Ferrarese – questo faceva passare in secondo piano il sacrificio. Lavori anche sedici ore al giorno, sei distrutto, ma felice. È questo che manca nei ragazzi di oggi. Non riescono più a trovare la felicità nella realizzazione dei propri sogni. Lavorare con passione trasforma il lavoro nella nostra vita».
Una visione totalizzante della professione che ha delle controindicazioni per ammissione dello stesso Ferrarese: «Chi sceglie questa professione fatica a costruirsi una famiglia perché la nostra vita è dedicata al lavoro, proprio come accade a un medico».
LA VOCAZIONE NON BASTA
Ferrarese affronta il tema della vocazione che, per quanto riguarda il ricambio generazionale, ha messo in crisi non solo i ristoratori e gli albergatori ma anche la Chiesa. Sperare nelle vocazioni può essere comunque una via, certamente non l’unica.
Alessandro Minello, docente dell’università Ca’ Foscari di Venezia, alla fine della presentazione della ricerca condotta dall’istituto Econlab Research sul mismatch tra domanda e offerta di lavoro nel settore del turismo in provincia di Varese, ha replicato così a Ferrarese.:«Capisco la passione e il sacrificio, ma i ragazzi sognano. Bisogna incontrarli, portarli in azienda e soprattutto parlarci. Ne ho conosciuti tanti che non hanno accettato di entrare in aziende della ristorazione qui da noi con mansioni di un certo livello, per poi andare a fare il lavapiatti a Londra».
IL DEFICIT DI COMPETENZE
La domanda sorge spontanea, avrebbe detto Antonio Lubrano: perché non farlo in Italia e che cosa spinge un giovane a fare quella scelta? «Dobbiamo imparare a raccontare la nostra attività in modo diverso – ha continuato Minello – Le imprese della ristorazione devono investire nel brand, in comunicazione e aprirsi al digitale. Non si tratta di volontà o di sacrificio, ma di avere una prospettiva. È quello che i giovani cercano quando scelgono un posto di lavoro».
Sull’attività di branding e sull’investimento nel digitale concorda anche Frederick Venturi, presidente di Federalberghi della provincia di Varese. Il comparto, a causa della pandemia, ha sfiorato l’azzeramento con una contrazione dell’80 % delle assunzioni, per lo più contratti stagionali. «È stato l’effetto dirompente dell’incertezza – ha sottolineato Venturi -. La domanda che mi facevano i ragazzi era sempre la stessa: “Ma quando riapriamo?”. Io risposte non ne avevo. Detto questo, il mismatch che viviamo oggi, come è stato evidenziato dalla ricerca, è dipeso anche dalla distanza che c’è tra le scuole e le aziende e il conseguente deficit di competenze».
IL RAPPORTO SCUOLA E IMPRESA
Per alcune professioni come il cuoco la scuola conta molto ma è l’esperienza concreta a fare la differenza. «Prima di passare da semplice aiuto in cucina a chef, dopo la scuola bisogna fare tanta strada – ha osservato Venturi – Lo stesso vale per il direttore di albergo». In effetti, la ricerca coordinata dal professor Minello e realizzata da Econlab Research, evidenzia che solo il 34% delle imprese ritiene che l’offerta scolastica attuale sviluppi competenze turistiche, mentre il 54,8% ritiene che sia poco adeguata alle proprie esigenze. Ma se si rivolge la domanda alle scuole la risposta del 78% degli istituti è che sia abbastanza adeguata. «Dobbiamo assicurare alla scuola il nostro supporto – ha detto il presidente di Federalberghi– e credo che lo strumento dell’alternanza scuola-lavoro sia molto importante e soprattutto professionalizzante per gli studenti. È importante integrare le competenze che ti dà la scuola con quelle che ti dà l’azienda.Un tempo si andava in estate a lavorare nelle cucine, io stesso da ragazzo sono andato a lavorare su una nave da crociera».
La ricerca evidenzia che solo il 56% degli studenti intervistati ha un percorso lavorativo che corrisponde agli studi effettuati. «È un dato che mi fa pensare – ha concluso venturi – O ai ragazzi è stato imposto di fare l’alberghiero o non gli abbiamo dato le competenze giuste per inserirsi in modo corretto in questo settore. Il nostro lavoro può dare tante soddisfazioni e questo accade quando stimoliamo i giovani a scegliere un percorso adeguato al loro talento».
Perché anche in provincia di Varese è così difficile trovare cuochi e camerieri
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