“Le aziende virtuose non dovrebbero pagare nessuna tassa”
Secondo il banchiere Corrado Passera, gli imprenditori che fanno investimenti in innovazione, assunzioni vere, aggregazioni e mettono soldi nelle aziende per rafforzarle andrebbero premiati in maniera straordinaria e strutturale
«Dovremmo premiare in maniera straordinaria e strutturale le aziende che hanno comportamenti virtuosi, come: investimenti in innovazione, assunzioni vere, aggregazioni e gli imprenditori che mettono soldi nelle aziende per rafforzarle. Chi ha l’insieme di questi comportamenti virtuosi non dovrebbe pagare alcuna forma di fiscalità, perché è tale il valore che portano nel sistema che meriterebbero questo e altro. Le imprese che seguono questi comportamenti sono quelle che ci tireranno fuori dalle crisi permettendoci di mantenere la leadership». Corrado Passera, già ministro dello Sviluppo economico e delle Infrastrutture, nonché amministratore delegato di Illimity Banks, sa di dire una cosa sgradita ai più, che farà arrabbiare molti cittadini contribuenti. Al tempo stesso però non può rinunciare a un assist prezioso che gli ha fornito una ricerca presentata dalla rivista Economy durante l’incontro per festeggiare il primo lustro della pubblicazione, dal titolo “Ricominciamo da cinque”, che si è tenuto a Palazzo Visconti di Milano.
GLI ITALIANI DANNO IL MEGLIO NELLE AVVERSITÀ
La ricerca ha provato a rispondere a un quesito che Sergio Luciano, direttore di Economy, ha sintetizzato così: «In questi ultimi cinque anni i dati del Pil confermano che gli italiani danno il meglio nelle avversità. Noi ci siamo chiesti se si può modellizzare questa attitudine e se si può smontarla per comprenderne gli ingranaggi chiave ed elevarli a fattore di sistema».
La ricerca, realizzata dal gruppo Gpf inspiring research, ha analizzato l’andamento macroeconomico dell’Italia degli ultimi cinque anni e la percezione degli stakeholder, ovvero le pmi, e della popolazione in generale. Agli intervistati è stato chiesto qual è la tempra dell’Italia al termine di cinque anni cosi speciali per l’economia globale. Una domanda per capire quale sia lo stato di salute del Paese e individuare gli asset principali che hanno garantito la sua tenuta, dopo le crisi generate dalla pandemia e dalla guerra in Ucraina.
UNA PERCEZIONE DIVERGENTE
Alcune divergenze tra la percezione che ha il mondo dell’impresa rispetto all’opinione pubblica generale la dice lunga su quanto ci sia ancora da fare nella narrazione del Paese che produce e sulla diffusione della cultura d’impresa in Italia.
Alla domanda qual è stato il contributo che hanno dato le pmi alla reazione del sistema Paese, emerge una differenza notevole: secondo il 77,4 delle imprese è stato elevatissimo, giudizio condiviso solo dal 37% della popolazione generale intervistata. Percentuale che fa il paio con quella di coloro che ritengono che ci siano stati fattori ben più importanti rispetto al ruolo giocato dalle imprese (36,8%).
«Il fatto che le pmi abbiano dato un’autovalutazione così generosa sul loro contributo è piuttosto scontato – ha spiegato Carlo Berruti direttore scientifico di Gpf – CIò che non è così scontato è l’entità di questa differenza. Se le pmi sono ben consapevoli del loro ruolo e sanno di essere la colonna portante del paese, questo aspetto andrebbe meglio comunicato all’opinione pubblica».
C’È UN PROBLEMA CULTURALE
Il problema di fondo, secondo Federico Visconti rettore della Liuc- Università Cattaneo di Castellanza, partner dell’iniziativa, è capire bene quale sia il ruolo della scuola, dell’università e dell’impresa. «Della ricerca mi ha colpito la slide che chiedeva agli intervistati su che basi le imprese hanno reagito – ha sottolineato il rettore della Liuc – Mentre l’84 % delle pmi ha risposto: “Adottando una flessibilità organizzativa adeguata alle sfide poste”, l’89 % della popolazione intervistata ha risposto: “Sapendo sfruttare al meglio le facilitazioni statali ed europee”, ovvero meno male che sono arrivati i soldi dell’Unione Europea. Credo che la gente non abbia ancora chiaro cosa voglia dire costruire lo stipendio di tre operai».
LA SELEZIONE NATURALE
È innegabile che in questi cinque anni le imprese hanno dovuto affrontare una selezione «darwiniana naturale», come l’ha definita il giornalista Ferruccio De Bortoli, moderatore dell’incontro. Una considerazione che secondo Passera legittima l’orgoglio delle imprese emerso dalla ricerca per il ruolo svolto durante le ultime crisi. «La selezione in questi dieci anni è stata fortissima – ha concluso il banchiere – Nelle imprese c’è stata una trasformazione positiva dovuta a fattori come flessibilità, innovazione e ricerca di nuovi modelli. Abbiamo creato Illimity esclusivamente per le pmi perché crediamo nel loro dinamismo. I nostri 5 miliardi di attivi sono per loro, per le loro proposte e i loro progetti, che sono molti di più di quelli che possiamo soddisfare».
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