Il Ponte del Sorriso dona una Mac Laren nuova fiammante per portare i bambini nelle sale operatorie dell’Ospedale del Ponte
"La cura è scienza e cuore" ricorda, ringraziando per il dono, il Direttore del Dipartimento materno-infantile, Massimo Agosti
Il Ponte del Sorriso, in accordo con i professionisti del Dipartimento Donna e Bambino, ha messo in atto un progetto davvero singolare.
L’intervento chirurgico è fonte di grande ansia per i bambini, alimentando un immaginario che fa apparire tutto molto spaventoso. La stessa sala operatoria viene da loro raccontata come un luogo delle torture. Per questo è molto importante preparare i bambini, sia spiegando loro in modo giocoso quello che succederà, compresa una visita al blocco operatorio, sia mettendo in atto delle strategie che tranquillizzino e rassicurino, come l’accompagnamento di un genitore fino a che il piccolo non è stato addormentato.
“La paura però è sempre tanta e allora come cercare di contenerla e gestirla? Una potente automobile sulla quale salire e da guidare fino alla sala operatoria è un fantastico mezzo che consente ai bambini di superare, attraverso il gioco, quella soglia altrimenti così faticosa da varcare” spiega Emanuela Crivellaro, Presidente della Fondazione il Ponte del Sorriso. La Fondazione Il Ponte del Sorriso ha infatti donato all’Ospedale Del Ponte una McLaren elettrica, nuova fiammante, nera, dotata di radio e di telecomando per condurre in sicurezza a destinazione i più piccoli che faticano a schiacciare i pedali. È la prima di un parco macchine che verrà presto incrementato, promettono.
“Aiutare i bambini a guarire giocando fa parte della nostra mission ed è la filosofia sulla quale si basa tutta la nostra attività – continua Crivellaro – Un intervento chirurgico è, per un bambino, un momento molto delicato che, se non affrontato con le dovute attenzioni, può diventare un evento traumatico. Il gioco, in questo caso un’automobile, è lo strumento che permette al bambino di rapportarsi più serenamente con una realtà difficile da comprendere e accettare”. “Cerchiamo di dare serenità e bellezza ai bimbi anche nei momenti più difficili, come può capitare quando si è ricoverati in ospedale – aggiunge il Prof. Massimo Agosti, Direttore del Dipartimento materno-infantile di ASST Sette Laghi – Crediamo che la cura di una persona, a maggior ragione se in crescita e in divenire, debba avvalersi non solo di farmaci e strumentazioni tecniche, ovvero di scienza, ma anche di empatia e relazione, ovvero di cuore.”
“Negli ultimi decenni abbiamo assistito ad una progressiva evoluzione dell’approccio alla cura del bambino ospedalizzato, in una visione sempre più focalizzata sull’integrazione tra competenze cliniche e specialistiche e aspetti psicologici ed emotivi – spiega nel dettaglio il Dott. Valerio Gentilino, Direttore della Chirurgia pediatrica, una delle specialità chirurgiche che operano al Del Ponte – Questo cambiamento di prospettiva ha portato ad un passaggio cruciale da un’assistenza medico-sanitaria di stampo puramente tecnico-assistenziale, ad un approccio di cura globale più attento agli aspetti di relazione e all’umanizzazione dell’iter ospedaliero. Tale orientamento è risultato prioritario e cruciale in alcuni ambiti sanitari come quello pediatrico chirurgico, dove il possibile impatto traumatico delle procedure e del percorso peri-operatorio sulla psiche del bambino, in termini di angoscia, paura, disorientamento, rottura di equilibri precedenti, può avere effetti invalidanti non soltanto nel breve termine ma anche a distanza rispetto agli outcomes psicologici ed emotivi. Si è sviluppato quindi un crescente interesse per tutti quegli interventi non farmacologici capaci di favorire il benessere fisico e psicologico del bambino e della sua famiglia e di supportare il loro adattamento ai diversi ambienti ospedalieri. All’interno di tale panorama si inscrive questo progetto che, grazie all’uso di queste macchinine, mira ad aiutare il bambino a superare le paure e le angosce legate ad uno dei momenti più difficili del percorso chirurgico, quello verso la sala operatoria. L’idea di poter affrontare questo momento attraverso il gioco, l’evasione fantastica, la possibilità di sostituire la sensazione di ‘essere portato passivamente’ a guidare e portarsi autonomamente verso la sala operatoria, ridà al bambino un grande senso di controllo ed un ruolo attivo e compartecipativo alla situazione. Permette di non sentirsi solo un paziente che si sottopone a medicazioni e terapie ma di tornare ad essere bambino, capace attraverso il gioco di affermare la voglia di vivere, reagire al meglio di fronte alla malattia e accedere alle proprie risorse creative positive riattivandole per affrontare la situazione”.
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