Ingiusta detenzione per Binda: lo dice la corte d’appello di Milano
Binda è stato in carcere 3 anni e mezzo tra il 2016 e il 2019 per il caso Lidia Macchi, e lo scorso maggio aveva chiesto un "indennizzo" di oltre 350mila euro: la corte gliene ha riconosciuti, liquidandoli, oltre 303 mila euro
La quinta sezione della Corte d’Appello di Milano ha accolto oggi, 12 ottobre 2022, l’istanza di riparazione per ingiusta detenzione presentata da Stefano Binda, che nel gennaio 2021 è stato assolto in via definitiva dall’accusa di avere ucciso, oltre trent’anni fa, la studentessa Lidia Macchi.
Binda è stato in carcere 3 anni e mezzo tra il 2016 e il 2019, e lo scorso maggio aveva chiesto un “indennizzo” di oltre 350mila euro: la corte gliene ha riconosciuti, liquidandoli, oltre 303 mila euro (nella foto, Stefano Binda la sera della scarcerazione, nel luglio 2019, fuori dal carcere di Busto Arsizio).
«Ho appreso dalle agenzie della decisione», ha spiegato l’avvocato Patrizia Esposito che assieme al collega Sergio Martelli ha difeso Binda nei diversi gradi di giudizio, «la decisione, che devo ancora leggere, sembra essere articolata e si sviluppa in oltre 20 pagine. È stata integralmente riconosciuta la cifra che chiedevamo per l’ingiusta detenzione, al centesimo, fatta eccezione per il danno endofamigliare, che è stato rigettato. In questo caso la richiesta era si soli 50 mila euro».
Patrizia Esposito è la prima persona che ha parlato con Stefano Binda, per aggiornarlo della sua situazione risarcitoria: cos’ha detto? «Ha accolto la decisione impassibile, come sempre», conclude l’avvocato Esposito.
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