Hadia Ibrahim Khel: “Conosco la libertà, perciò lotto per farla riavere alle donne della mia generazione”
Hadia Ibrahim Khel è stata l’ultima speaker di TedX Varese. La sua partecipazione è stata tenuta sotto traccia per preservarne l'incolumità, ma il suo viso incorniciato nell'hijab mostra una grande serenità e determinazione
Hadia Ibrahim Khel è stata l’ultima speaker di TedX Varese 2022, che si è tenuto domenica 6 alle ville Ponti. Circondata da un imponente servizio d’ordine, la sua partecipazione è stata tenuta sotto traccia fino all’ultimo per preservare la sua incolumità: a poco più di vent’anni, infatti, Hadia, che da studentessa universitaria è diventata una attivista per i diritti delle donne che gira il mondo raccontando le ingiustizie dei talebani, non è più al sicuro.
Ma il suo viso incorniciato nell’hijab mostra una serenità e una determinazione che è la più grande dichiarazione di libertà: aldilà di ogni gesto o parola, al di là di ogni tragica esperienza raccontata per poter far conoscere al mondo le condizioni delle donne nei paesi a guida talebana. Varesenews l’ha incontrata a margine dell’incontro.
Ci può spiegare quali sono i diritti violati dai talebani nei confronti delle donne?
«Più che parlare di violazione dei diritti in Afghanistan, parlerei proprio di eliminazione delle donne dalla società. In Afghanistan si sta creando una società di uomini per gli uomini, dove le donne sono impossibilitate ad accedere all’educazione: perchè se studiassero potrebbero sostenere i loro diritti. Ma non possono nemmeno lavorare, non possono avere un posto nella società. Da noi una donna è come una bottiglia nel frigo: per essere tenuta “correttamente” deve stare chiusa in un luogo, nascosta, perchè è un oggetto. Cosi è la donna in Afghanistan. Questo fanno gli uomini, perchè le donne sono il vero portatore della libertà visto che sono loro che si occupano della crescita e dell’educazione dei figli. Limitando le donne, gli uomini prendono il controllo sia del presente che del futuro».
È vero, come appare, che i principali oppositori di questo regime sono le nuove generazioni, i giovani uomini e le giovani donne?
«Già i miei genitori, e le persone della generazione precedente alla mia hanno dovuto combattere il regime talebano precedente. Ma nella piccola parentesi di pace che c’è stata tra un regime e l’altro i miei genitori hanno avuto l’opportunità di mandarmi a scuola e istruirmi. Così io, come il quasi 70% degli afgani che sono under 30, so che vita si può vivere nella libertà, e qual è l’importanza dell’educazione e della lotta per difendere i propri diritti. Quindi stiamo lottando per ristabilire quei diritti, per garantirli a noi ma anche alle generazioni future».
Siete al corrente delle manifestazioni internazionali a vostro sostegno?
«Certo, e per me queste manifestazioni sono importantissime e utilissime. Manifestare fa capire ai nostri governi che bisogna tagliare i ponti con chi uccide e priva le persone dei diritti. Per noi è importante sapere che le persone siano consapevoli del fatto che c’è un piccolo paese all’altra parte del mondo dove le persone hanno bisogno del loro sostegno, è una cosa che ci dà speranza e forza. Il vostro scendere in piazza è importante per noi: ed è importante soprattutto farlo per i paesi confinanti con l’ Afghanistan o l’Iran: perchè dà un segnale a quei paesi che il mondo è contro i talebani, che non possono continuare impunemente il genocidio nei confronti delle donne. Mostra ai paesi confinanti che non è vero che il mondo non alza un dito davanti a queste repressioni: il che evita che inizino a loro volta altre repressioni, in una sorta di tragica epidemia di repressione dei diritti».
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