Processo Mensa dei poveri, la versione di Lara Comi: “Fregata dagli amici. Mai truffato l’Ue”
I pm hanno rinunciato all'esame dell'europarlamentare, imputata nel maxi-processo per corruzione e truffa all'Unione Europea. Ha risposto alle domande del suo avvocato
Oggi (lunedì) è stato il giorno in cui Lara Comi, da tre settimane di nuovo deputata europea per Forza Italia dopo la rinuncia al seggio di Berlusconi che ha scelto il posto al Senato, al processo Mensa dei Poveri dove è accusata di aver truffato l’Unione Europea per oltre 300 mila euro e di aver promosso una tangente da 10 mila euro che sarebbe finita a Zingale, uomo di fiducia di Caianiello (ne abbiamo parlato qui).
«Nonostante le pressioni da parte di Caianiello non ho mai retrocesso soldi a suo favore e lui non me li ha mai chiesti direttamente. La sua formula era sempre la stessa e ripeteva ad ogni riunione che non arrivava a fine mese ma io gli proposi di trovargli un lavoro in un’azienda ma lui disse che non era interessato» – ha raccontato Lara Comi, rispondendo alle domande del collegio giudicante presieduto da Paolo Guidi.
I pm Bonardi e Civardi, però, hanno rinunciato all’esame dell’imputata e così l’iniziativa è stata presa dall’avvocato difensore della Comi, Gian Piero Biancolella che ha chiesto alla sua assistita di spiegare come ha gestito i fondi europei destinati alla sua attività politica e dei quali – sostiene l’accusa – oltre 300 mila sarebbero stati utilizzati in modo illegale.
La Comi ha sostenuto di sapere ben poco della gestione economica perchè si era affidata alla figura del terzo erogatore, prevista dalla legislazione europea con il compito di gestire per conto dell’europarlamentare sia i fondi per lo staff di Bruxelles sia quelli per lo staff locale che opera sul territorio di elezione: «Mi sono affidata a Gianfranco Bernieri per tutto il primo mandato dal 2009 al 2014 e anche all’inizio del secondo mandato poi sono emersi diversi problemi e sono passata ad un’altra figura».
La Comi ha raccontato del primo problema quando designò sua madre come assistente locale: «Ero molto giovane e Bernieri mi disse che non c’era nessun problema sul fatto che mia madre mi facesse da assistente. Alla fine del mandato il Parlamento Europeo mi contestò l’assunzione di mia madre e mi costrinse a restituire 126 mila euro i quali mi furono rimborsati in buona parte dal Bernieri che aveva un’assicurazione (94 mila euro)». A quel punto Bernieri le avrebbe proposto di assumere come assistente locale sua moglie (entrambi sono imputati a processo per lo stesso reato, ndr): «Anche questa volta mi assicurò che non c’era nessun problema di incompatibilità».
Per quanto riguarda l’incarico al giornalista Andrea Aliverti, anche lui a processo per lo stesso reato, ha spiegato di avergli aumentato lo stipendio dopo aver licenziato un altro collaboratore del quale non era soddisfatta e di avergli aumentato il carico di lavoro ma senza specificare nulla sull’accusa di aver retrocesso una parte di quei soldi a Forza Italia su richiesta di Gorrasi e della stessa Comi.
Infine la Comi ha risposto ad alcune domande dei giudici che le hanno chiesto delucidazioni su un altro contratto, quello a Giovanni Enrico Saia il quale, secondo l’accusa avrebbe retrocesso alla Comi una parte dei soldi con i quali veniva pagato: «Saia mi rappresentò, attraverso altri due miei amici e collaboratori (anche qui marito e moglie, ndr), di voler avere i pagamenti in contanti per non dare conto alla moglie dei soldi che guadagnava. Bernieri mi disse che si poteva fare e che bastava farsi fare una ricevuta». Quei soldi, ha spiegato la Comi, finivano su una carta prepagata a nome di Saia ma che poi avrebbero utilizzato i due collaboratori per pagarsi lavatrici, l’affitto di una casa a Courmayeur e per altre spese voluttuarie: «Sono stata fregata – ha detto la Comi ai giudici – in questa vicenda ho avuto una carriera politica distrutta e un danno economico complessivo di circa 2oo mila euro. Ero convinta della regolarità dell’uso dei fondi anche perchè non avevo ricevuto ulteriori rimostranze da parte del Parlamento Europeo».
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