Il trasporto pubblico gratuito nelle città può funzionare?
All'estero ci sono diverse esperienze avviate, ma anche in Italia se ne discute. A Genova in un anno la gratuità su alcuni mezzi ha spinto 3mila persone a lasciare l'auto, a Bari parte il biglietto da 20 euro l'anno
Federica vive a Genova, abita in una zona collinare e lavora in centro. Da un anno ha deciso di lasciare lo scooter – veicolo tipico nel capoluogo ligure – e di andare in centro con un mezzo particolare: la funicolare.
A convincerla è stato un particolare non da poco: da un anno a Genova si può usare gratuitamente le funicolari, che dai quartieri collinari fitti di alti palazzi consentono di scendere in alcuni casi davvero nel cuore del centro città.
La storia di Federica non è isolata: secondo i calcoli del Comune e dell’azienda di trasporto Amt almeno 3mila persone hanno rinunciato ad usare l’auto o comunque un mezzo privato, convinti dal fatto che una parte dei trasporti sono gratuiti.
La scelta di non far pagare i mezzi pubblici è stata attuata in diverse realtà nel Nord Europa, in Francia, in Canada: in alcuni casi è rimasta una fase sperimentale, in altri è ancora discussa, in altri ancora è diventata una realtà stabile, perché ha dimostrato i benefici pubblici (qui una lista di tutte le città con forme di gratuità totale o parziale).
Lussemburgo città, dove il trasporto è gratuito da due anniDi base il sistema di trasporto pubblico lavora sempre “in perdita”: solo una parte delle spese sono coperti dal costo di biglietti e abbonamenti, il resto viene pagato dalle tasse di tutti i cittadini.
Questo perché l’uso dei mezzi pubblici è comunque fondamentale per gestire grandi masse di persone – ad esempio nelle metropoli – e perché comunque riduce i costi sociali, ad esempio quelli legati all’inquinamento, all’occupazione dello spazio con auto parcheggiate, oltre ai costi economici e umani di tanti incidenti che avvengono ogni giorno sulle strade.
In Italia biglietti e abbonamenti devono garantire una copertura di un minimo del 35% dei costi, il resto è a carico delle Regioni, che hanno la delega per il trasporto pubblico, ricevono le risorse dallo Stato e le gestiscono poi attraverso agenzie sovraprovinciali.
Ad esempio nel 2014 il trasporto pubblico su ferrovia o impianti fissi (funicolari, ascensori) costava 11.9 miliardi: la spesa era recuperata per 3,2 miliardi da biglietti e abbonamenti, 8,7 miliardi invece venivano dalla finanza pubblica. In sostanza: due terzi della spesa per i mezzi pubblici è già pagata con le tasse.
Bari: 20 euro per tutto l’anno
In questi giorni il sindaco di Bari Antonio Decaro ha annunciato una nuova politica tariffaria che rende pressoché gratuiti i mezzi pubblici nel capoluogo pugliese: pagando 20 euro all’anno si potranno prendere tutti gli autobus cittadini senza limitazioni (ma non le ferrovie metropolitane, che hanno una decina di stazioni dentro i confini comunali e servono in particolare l’ultraperiferico quartiere San Paolo).
L’iniziativa è stata anche criticata: il sindaco di Milano Giuseppe Sala, che appartiene allo stesso schieramento di centrosinistra, l’ha definita «un errore grandissimo» perché costerebbe troppo nel lungo periodo. Va considerato che in questa fase i costi energetici stanno pesando molto sul settore: a Milano dal 9 gennaio il costo del biglietto singolo aumenterà da 2 a 2,20 euro, anche se il costo dell’abbonamento resterà invariato per favorire l’uso frequente.
L’esempio di Genova
Il costo per gli utenti però è solo una parte dei rincari nel 2022 appena passato: lo Stato e la Regione stanno infatti stanziando più risorse (cioè soldi delle tasse) per far fronte agli aumenti di costi e garantire continuità.
In alcune città la gratuità è stata usata come leva per favorire l’uso degli impianti più efficienti e con più possibilità di crescita.
Così è avvenuto ad esempio a Genova, che citavamo in apertura: dal dicembre del 2021infatti si possono usare gratuitamente gli “impianti speciali”, quelli che consentono di superare i grandi dislivelli su cui è disposta la città.
Può sembrare poca cosa, ma non è così: Genova ha infatti dieci ascensori che superano in pochi secondi grandi dislivelli tra un quartiere e l’altro (fino a un massimo di ben 75 metri di altezza), sia nel cuore del centro che in alcune zone di periferia. Ci sono due funicolari, di cui una ha sette fermate totali ed è in sostanza una metropolitana sui generis, e una linea di tram a cremagliera. Sono mezzi elettrici che evitano di sovraccaricare le linee di autobus che devono accelerare e frenare per far su e giù dai viali più ripidi verso la collina.
Matteo Campora, assessore alla mobilità di Genova, ha parlato di «una soluzione shock, fuori dagli schemi». E in effetti pare funzionare: il trasporto dall’alto in basso, o viceversa, ha registrato un aumento medio del 33% di passeggeri, con un incremento nei giorni settimanali del 29% e un picco nel week end, del 44% in più. In termini assoluti, già nella fase da aprile a giugno 2022 sono stati eliminati complessivamente circa 13.600 tragitti che venivano coperti con mezzo privato.
Il tram a cremagliera che si arrampica sula ripida collina di Lagaccio, a Genova, con un totale di otto fermateValorizzare i mezzi più efficienti e quelli che devono attrarre passeggeri
La sperimentazione a Genova proseguirà anche nel 2023: oltre ad ascensori e funicolari è gratis ma solo negli orari di “morbida” anche la metropolitana (nella foto di apertura dell’articolo).
A Genova la metropolitana ha una sola linea con otto fermate, che sono quasi tutte nella parte “bassa” del centro città, tranne una in una zona periferica raggiunta riutilizzando un vecchio tunnel. Per questo la metropolitana ha “bisogno” di attrarre passeggeri: la gratuità – anche se non venisse confermata – potrebbe convincere almeno una parte dei genovesi a cambiare abitudini.
La scelta della gratuità orientata solo ad alcuni segmenti del trasporto pubblico può costituire un incentivo, può costare di meno e può evitare un rischio: che il viaggio gratis sovraccarichi le linee già trafficate e si riveli controproducente. È successo in parte così in Germania, dove la sperimentazione del biglietto a 9 euro l’anno su tutti i mezzi pubblici ha creato problemi di sovraffollamento soprattutto sui treni locali intorno alle grandi città.
L’offerta per “segmenti” può essere attuata per singole linee o anche per categorie particolari, ad esempio esentando gli anziani o i ragazzi.
Anche in provincia
In alcune realtà il trasporto pubblico totalmente gratuito ha invece funzionato comunque perché si è fatta una scelta radicale, di svolta: valga l’esempio della zona di Dunkerque, diciassette Comuni e 200mila abitanti, dove le sedci linee di autobus sono gratuite dal 2020.
Un autobus articolato acquistato a Dunkerque per far fronte all’aumento di passeggeriLa rete efficiente ha spinto molti cittadini ad abbandonare l’auto, ma soprattutto a muoversi di più: è aumentata la frequentazione del centro città dalle zone limitrofe (prima era un dramma trovare parcheggio) e sono aumentati i valori immobiliari e la vitalità commerciale.
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