Cos’è e da dove viene lo spettacolare rito della “passera di Sant’Agnese”
Simbolo del martirio, collegata ai riti del fuoco di fine inverno, la sfera di fuoco ha origini in parte incerte ma affascinanti: Cesarina Briante racconta le origini e le leggende sul nome
Con la ricorrenza del 21 gennaio torna a Somma Lombardo un rito specifico del borgo lungo il Sempione, non unico, ma certamente molto caratteristico: l’accensione della “passera di Sant’Agnese” e del ciloster.
Se il primo è un grosso cero, che anticipa la benedizione della candelora, più particolare è la tradizione della passera: un grande globo di materiale infiammabile, a cui viene dato fuoco davanti alla chiesa di Sant’Agnese, nella ricorrenza della martire.
Ma da dove nascono questi specifici riti di Somma Lombardo?
Risponde Cesarina Briante, appassionata di storia e tradizioni della zona: «La storia ci riporta che la battaglia di Desio, combattuta nel 1277, vide la vittoria della casata Visconti sui Torriani nel giorno dedicato alla santa che fu eletta quale protettrice delle nostre terre. In questa occasione si accende il cilostar, un enorme cero. L’usanza prese forma nel XVII secolo dopo il triste periodo della peste e i saccheggi da parte delle truppe Francesi e Savojarde accampatisi nelle zone del Panperduto».
«Dopo tanto soffrire, la popolazione sommese sentì la necessità di accantonare le rivalità sorte con la divisione territoriale del 1473. Somma Alta e Somma Bassa avevano gareggiato per oltre 160 anni allo scopo di dimostrare, ognuna, la propria superiorità all’altra. Ma era giunto il momento di ritornare uniti. Fu convocata un’assemblea in piazza dell’Olmo, davanti al castello in cui si progettò un nuovo e più costruttivo confronto, qualcosa che portasse beneficio alla comunità e non creasse rancore. Si trattava di offrire un grosso cero alla chiesa, il momento ideale era in occasione delle celebrazioni di Sant’Agnese, la cui ricorrenza cadeva proprio in prossimità della festa della luce, la Candelora, in cui si benedivano le candele per tutto l’anno liturgico».
Una copia di quel famoso trittico rappresentante Sant’Agnese, Santa Barbara e Santa Maria Maddalena ora esposte al museo Diocesano: è stata donata alla parrocchia dalle Orsoline nel 2016Il rito simbolico della passera a Sant’Agnese
«La passera è un globo di ovatta che viene acceso in occasione della festa di alcuni santi. Nella liturgia ambrosiana prende il nome di “Faro”. Si tratta di una tradizione antichissima, che sembra condividere il significato all’usanza diffusa nel mondo contadino di accendere fuochi per scaldare la terra, un preludio alla primavera». L’incendio del globo è un “parente” di tanti altri riti di fuoco che annunciano il culmine dell’inverno e l’aprirsi alla bella stagione: tra gli altri ci sono ad esempio le varie versioni dei falò alla ricorrenza di Sant’Antonio Abate (17 gennaio, sentito a Varese e Saronno) e i vari roghi della gioeubia (ultimo giovedì di gennaio), che hanno mantenuto un carattere più magico-pagano, senza sovrapposizioni religiose.
Come è fatta la passera di Sant’Agnese
Più nello specifico del rito della sfera infuocata Briante spiega che «questi globi rappresentano il martirio dei santi. In epoche passate il Faro era il grosso lampadario, munito di candele, presente nelle chiese la cui accensione avveniva in occasione di feste solenni. Si trattava spesso di una corona di candele e fibre vegetali. Col tempo il lampadario non fu più in uso, gli edifici sacri si adattarono al progresso, ma la tradizione del Faro non andò perduta mantenendosi nel tempo attraverso l’accensione di una palla di ovatta.
Concretamente la passera viene preparata a Somma dai volontari della Confraternita del Santissimo Sacramento, che impiegano ovatta all’esterno e carta e rami di pino all’interno, con un mix di materiali che assicurano che prenda fuoco subito e bene e che poi mantenga l’effetto di fuoco per un sufficiente periodo di tempo (nella foto, inviata da Alessio Luisetto, la preparazione della sfera in settimana).
Ma perché si chiama passera?
«Premesso che non ho trovato fonti storiche e ufficiali, i racconti tramandati di alcuni anziani forniscono una spiegazione che a molti potrà apparire bizzarra e forse poco in armonia con il pensiero dei tempi attuali. Si racconta che nel globo si mettessero alcuni passerotti, c’è chi dice si trattasse di un solo uccellino, chi un numero non precisato. Si accendeva il globo e, ovviamente, il passero volava via per mettersi in salvo. Questo suo volo di salvezza era interpretato come un presagio favorevole, un volo verso il divino. A fine gennaio erano comuni molti proverbi e usanze, molti gesti scaramantici e superstiziosi, atti a definire il futuro, il clima dell’anno appena iniziato che segnava il rendimento dei raccolti. Non si esclude che questa leggenda possa avere perciò un fondo di verità».
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