Chiesti oltre 30 anni di carcere per la “Banda Vasi”
Rapine ed estorsioni fra Italia e Svizzera dove risultano imputate 10 persone. La genesi dell’inchiesta partita durante indagini per droga e la ricostruzione dei colpi
È arrivato il momento della verità per il processo alla “Banda Vasi” per il quale il pubblico ministero Lorenzo Dalla Palma ha pronunciato nella tarda mattinata di martedì la sua requisitoria finita per la richiesta di condanna che ammonta in tutto a più di 30 anni di reclusione; fatti salvi i “gregari“ e per posizioni che hanno a che fare con prescrizione ed effettiva mancanza di prove, cono il nocciolo di quella che giornalisticamente ma non solo veniva chiamata così – la banda Vasi – , col termine un po’ retro’ e anni Settanta ma che a Varese è conosciuta bene per essere composta da persone che non prendono il crimine come un gioco.
Nella discussione del pubblico ministero si è fatta luce sulla genesi dell’inchiesta, indagine che prende le mosse durante attività di spaccio di stupefacenti e riguarda fatti dal 2010 al 2012. Nell’ottobre 2011 i carabinieri difatti scoprono che era imminente una rapina da portare a termine ad Arona. Vengono fermati su di un’auto 4 persone (fra cui anche Filadelfio Vasi, oggi tornato in libertà, non presente in aula ma ancora a processo per questi fatti). Nell’auto vengono trovate fascette da elettricista, armi, giubbotti con la scritta “Polizia”.
A partire da questo fatto rende spontanee dichiarazioni il 18 ottobre 2019 una testimone chiave che essa stessa faceva parte di quel “giro“ e che ha patteggiato. Vengono disposte intercettazioni e da lì si scoprono amici e frequentazioni del gruppo che aveva un minimo comune denominatore attratto dalla curva del Varese calcio negli anni della “B“.
La teste viene ascoltata in aula nel processo e riferisce minacce ricevute durante questo procedimento penale che riguarda le accuse di rapine ed estorsioni attribuite a vario titolo agli imputati. Alcune delle imputazioni risultano ad oggi prescritte, specie i reati “minori“ che hanno a che vedere con furti ed estorsioni. Alcune il pm sostiene abbiano, se non una prova granitica, perlomeno aspetti legati a forti correnti indiziarie comprovate da elementi gravi, presi e concordanti. Alcune altre invece no, come la rapina di Cantello (un colpo del 3 settembre 2011 fatta con appostamenti e simulazioni di acquisti di orecchini dopo una accurata preparazione: la stessa “pentita“ ha raccontato di aver attaccato col ferro da stiro le lettere GUARDIA DI FINANZA ad una pettorina utilizzata dai malviventi per spaccarsi fiamme gialle). Poi altre tre rapine: la tentata a Olgiate Olona in un supermercato, una seconda messa a segno al distributore e ufficio di cambio “Erg” in Svizzera. Ancora, il colpo del primo giugno 2010.
Il pm ha proposto alla Corte al termine della discussione una riflessione sulla molteplicità degli episodi contestati e alla loro gravità legata al comportamento di alcuni imputati che fra una scarcerazione e l’altra provvedevano a compiere reati. Alla fine il conto degli anni di pena richiesti si è fermato, nel complesso, a 31 anni e 9 mesi. Il 4 aprile alle ore 12 si saprà la strategia difensiva dei legali e la decisione del giudice collegiale presieduto da Cesare Tacconi.
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