“Sono stato sulla barca affondata, è una tragedia per il Lago Maggiore e Sesto Calende“
In paese non si parla d’altro. I segni premonitori della tempesta e il ricordo di chi è stato sul battello dove era in corso una crociera di appartenenti ai servizi segreti italiani e di Israele. Le precedenti tragedie del lago
Due fuori dal bar fumano, e uno si dice indignato per tanta attenzione da parte dei media a quanto successo a Sesto Calende due giorni fa, con quattro morti nel lago per il temporale che ha rovesciato una barca. Poi, varcata la “Rivendita numero 7” di Lisanza, sulla provinciale del lago, uno al balcone dice «ma scusa, guarda che non era una house boat, era una barca normale».
Tanto per capire quanto poco si parli in paese della cosa, diventata notizia di portata globale per via delle circostanze in cui è avvenuto il naufragio: un incontro di agenti segreti di due potenze mediterranee. Bruno Besozzi, il titolare, afferma dietro il bancone delle caramelle, e senza battere ciglio che sulla barca lui c’è stato. È stato a bordo della «Gud-uria», l’“olandesina” 15 metri che veniva utilizzata per crociere sul lago, l’ultima quella di domenica finita tragicamente. «Ci sono stato un paio di volte, alcuni anni fa. Niente di strano. Una barca da turismo con una sorta di veranda che serve per garantire ai turisti massima visibilità, specialmente sotto costa».
Ma che idea si è fatto di quanto avvenuto? «Beh è stato evidentemente un incidente, una fatalità legata al maltempo improvviso. È stata una tragedia per Sesto Calende e il Lago Maggiore».
Scusi, e Carminati, lo skipper? «Lo conosco certo la barca a portava lui quando c’ero stato. Veniva qui a bere io caffè».
E adesso? «Sparito. In questi giorni è sparito. Arrivederci». Un uomo che viveva sul lago. Infatti ci si chiede come una persona del mestiere non si sia messa subito in una situazione di sicurezza alla vista del cielo che si rannuvolava. Chi lavora in questo ambito racconta che quando il cielo si scurisce, soprattutto sul lago dove le condizioni del tempo possono mutare velocemente, si tende a raggiungere la riva e a rimanerci lasciando passare la tempesta o il temporale. E in effetti nella giornata di domenica, nonostante le previsioni avessero annunciato l’arrivo del temporale, sul lago di barche ce n’erano diverse, anche molte barche a vela. Nel tardo pomeriggio però, non appena il cielo è diventato plumbeo, sono tutte rientrate.
E chi conosce queste acque, domenica ha notato alcuni segni premonitori del maltempo in arrivo: piccoli animali acquatici come anatre di lago che bazzicavano vicine alla costa, idem per i rondoni che stavano molto attaccati alla terraferma. Difatti poi il maltempo è arrivato, la «botta» d’aria c’è stata e non ha lasciato scampo: il vicesindaco Edoardo Favaron informatissimo delle condizioni meteo già ieri aveva parlato di 50 millimetri d’acqua in 20 minuti. Ma ad affondare la barca non è stato il temporale in sé bensì la folata di vento che – è una prima ipotesi – ha fatto perdere l’assetto all’imbarcazione che si è rovesciata.
Al suo posto questa mattina, dove era ormeggiata fra le centinaia di imbarcazioni del cantiere nautico fratelli Piccaluga, il posto barca vuoto (nella foto sopra), nella parte più esposta del cantiere, quello verso il lago, protetto da un canneto: vicino un’altra imbarcazione, una sorta di casa galleggiante, simile a quella abitata dallo skipper Claudio Carminati e dalla moglie. Oggi l’uomo era in ospedale ad accompagnare le spoglie della moglie: i due stavano qui al cantiere nella barca, ma tecnicamente Carminati era residente altrove anche se i due avevano intenzione di prendere in affitto un appartamento in uno dei tanti paesini che punteggiano la riva del lago.
Programmi, sogni naufragati in un attimo domenica sera fra le onde del lago: ora continuano di fronte al cantiere Marinella di Lisanza i lavori dei vigili del fuoco per rimuovere il relitto, portarlo a riva e consegnarlo ai periti della Procura di Busto Arisizio che vuole vederci chiaro sulla vicenda: l’ingresso al cantiere è presidiato da una pattuglia dei carabinieri della stazione di Vergiate.
Di tragedie, legate a incidenti nautici, il Lago Maggiore ne conta purtroppo diverse ma a memoria poche hanno avuto caratteristiche simili a questa. A Lisanza, ricorda Roberto Caielli, «nel 1935 morirono Cesare Cueroni e Biagio Cardani, come ricorda una lapide nel cimitero della frazione. Era una fredda giornata di dicembre quando furono inghiottiti dalle acque dopo che la loro barca si rovesciò e loro, con gli stivali e i vestiti invernali non riuscirono a nuotare e a salvarsi. I loro corpi rimasero per sempre nel lago, per questo c’è una lapide e non una tomba. Questo è il il racconto che mi faceva mia mamma da bambino ogni volta che io mi fermavo incredulo e turbato davanti a questa lapide».
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