Mille ragnatele suonate dal vento
di Paolo Negri
![Il racconto della domenica](https://www.varesenews.it/photogallery_new/images/2023/06/il-racconto-della-domenica-1446068.610x431.jpg)
Quando Tim vide quei disegni nelle ultime pagine del quaderno trovato nello scantinato, il pensiero corse subito all’incisione decorata sulla porta d’ingresso della sua vicina: VOGLIO VIVERE COME I GIGLI NEI CAMPI. Era mai possibile che qualcosa collegasse quella donna così graziosa, sempre vestita di bianco, a quell’uomo misterioso, scovato una mattina di pioggia nel buio di quella casa appena acquistata?
Forse sì, perché i battiti del cuore di Tim avevano raggiunto la stessa frenetica frequenza quando li incontrò per la prima volta, lontani: lei si stava togliendo il cappello, presentando i capelli al sole; lui era rannicchiato in un angolo e rantolava a occhi chiusi.
Di lei non sapeva nulla, nemmeno il nome, ma si promise che al più presto le avrebbe portato un buongiorno; di lui aveva scoperto un nome d’arte, e decise di aspettare a chiamare proprietario e polizia perché chi si nasconde ha sempre con sé una storia che necessita di delicatezza e lentezza per essere capita, condivisa e alleviata.
Tim salì le scale e lo vide, a torso nudo, fissare il pavimento, immobile. Non mangiava da giorni, né parlava. A cosa pensava in continuazione? E cosa sognava la notte?
Tim gli mostrò quel che aveva appena trovato. Lui prese in mano il quaderno e lo aprì come fosse un oggetto del quale avere estrema cura: sì, facile intuire che era proprio lui l’Uomo Ragnatela… E lo era stato per decenni, e per decenni aveva girato l’Europa con le grandi fiere ambulanti.
Che significava essere Qualcuno, stare sotto i riflettori? Si chiese Tim. Gli sputi tra gli applausi e le insinuazioni, le bocche aperte tra scandalo e meraviglia, la morbosità. Essere un freak quale prezzo comportava? E ora, dopo che il tempo aveva confuso i contorni di quello che avevano scritto sulla sua pelle, e spazio per un piccolo bozzolo di aracnide tatuato non c’era, quale sorte gli sarebbe toccata?
Tim osservava le sue reazioni, chiedendosi chi dei due fosse l’ospite. Com’era finito là sotto? E lui come stava là dentro?
Skellig (ecco il suo nome!) ripercorreva con l’indice la vita ritratta in quei manifesti consumati, ripassava il profilo esotico delle località ospitanti e accarezzava alcuni dei personaggi ritratti, probabilmente coloro che lo avevano fatto stare bene. Arrivato alla fine, un piccolo sorriso comparve sul viso annerito: non più locandine stampate ma fiori tracciati a matita. Suonarono all’ingresso. Tim si voltò, fece qualche passo e aprì la finestra.
Se lei davvero viveva come i gigli nel campi, avrebbe detto sì all’invito di sedersi con lui. Gli avrebbe preso la mano e ascoltato il vento suonare quelle tele d’inchiostro…
Racconto di Paolo Negri (www.ilcavedio.org) – Illustrazione di Luca Stengraffiti (Instagram: @stengraffiti)
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