Per gli omicidi di Samarate il pubblico ministero ha chiesto l’ergastolo per Alessandro Maja
Il designer di interni che uccise moglie e figlia nel maggio di un anno fa dovrà rispondere anche del tentato omicidio del figlio Nicolò
Alessandro Maja merita l’ergastolo per aver ucciso la moglie Stefania Pivetta e la figlia Giulia e per aver tentato di uccidere anche il figlio Nicoló, sopravvissuto per miracolo e con gravi danni fisici e morali. Sono queste le conclusioni a cui è giunto il pubblico ministero Martina Melita al termine della sua requisitoria durata meno di un’ora.
Maja, considerato capace di intendere e volere dalla perizia chiesta dal tribunale, ha agito con crudeltà inaudita verso i propri famigliari solo per la paura di diventare povero. Aveva individuato proprio nella moglie e nei figli la causa di questo problema.
La parte civile, rappresentata dall’avvocato Stefano Bettinelli, si è accodato alla richiesta dell’accusa e ha quantificato in circa 3 milioni di euro i risarcimenti per i famigliari delle vittime e per lo stesso Nicoló, unico sopravvissuto alla tragedia di maggio 2022 nella villetta di Samarate.
Al termine della discussione della parte civile ha pèreso la parola l’avvocato difensore di Maja, Gino Colombo che ha contestato la perizia del dottor Marco Lagazzi, sostenendo che non esiste il disturbo dell’adattamento di cui parla nella sua relazione, codice alla mano.
«Maja deve pagare per quella che è stata la sua condotta quello che la corte deve decidere è l’entità», ha spiegato il difensore che chiede venga applicato articolo 89 e cioè il vizio parziale di mente oltre alle attenuanti generiche equivalenti alla aggravante del legame famigliare mentre chiede l’esclusione dell’aggravante della crudeltà proprio una virtù della parziale infermità mentale.
I fatti riguardano il duplice omicidio di Stefania Pivetta, 56 anni e della figlia Giulia, avvenuto nella casa di Samarate nella notte del 4 maggio 2022. Alessandro Maja venne trovato sporco di sangue mentre urlava frasi senza senso nel giardino della sua casa, dove era presente anche il figlio Nicolò, oggi 24enne, colpito alla testa e poi trasportato subito alla rianimazione dell’ospedale di Varese, da dove è stato dimesso diversi mesi dopo e affidato alle cure dei nonni materni.
La sentenza è prevista per il prossimo 21 luglio.
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