Dionigi: “Gli infermieri hanno ragione a lamentarsi”
L'ex Rettore e primario scrive dopo la pubblicazione della lettera del presidente degli infermieri. "Se fossi un infermiere avrei la sensazione di aver ricevuto uno schiaffo immeritato e mi verrebbe voglia di emigrare"

Le parole del presidente dell’Ordine Professionale Infermieristico di Varese, Aurelio Filippini, sulla situazione in cui versa la categoria, trovano oggi una sponda importante.
Quella del professor Renzo Dionigi, che ha scritto a VareseNews per sottolineare l’importanza e la bravura di caposala ed infermieri, figure spesso cruciali all’interno delle corsie degli ospedali. Qui il suo intervento.
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Non è mia consuetudine utilizzare giornali e altri mezzi d’informazione per esprimere pareri personali. Ma in questi giorni sta emergendo, del tutto giustificato e legittimo, lo sfogo dei rappresentanti degli infermieri dell’Ospedale di Circolo (si chiama ancora così? ed è ancora Polo Universitario?), stanchi, delusi e arrabbiati per le politiche della Sanità (iniziale maiuscola) lombarda, e in parte anche di quella nazionale. Mi sento quindi nella necessità di dover parlare.
Ho lavorato assiduamente all’Ospedale di Circolo dal 1986 al 2012, dunque non poco. Sono stati anni in cui, se sono riuscito con i miei collaboratori a prestare servizio utile alle esigenze chirurgiche della comunità, molto del merito è anche, direi in modo prevalente, dell’eccezionale preparazione e capacità assistenziale del personale infermieristico. E questo da sempre, anche quando gli “infermieri” non avevano la preparazione teorica garantita nei tempi recenti dai corsi universitari.
Ho girato il mondo, ho operato in diversi ospedali, in diversi continenti, ma le capo-sale e il personale infermieristico del Circolo rimarranno sempre nella mia memoria per la loro dedizione, la fedeltà, le premure, la capacità di entrare in empatia, il senso di responsabilità, il modo di relazionarsi con i pazienti e con i medici.
E vorrei anche ricordare le volte in cui alcune caposala mi hanno aiutato a prendere decisioni: il nostro mestiere, se svolto con la necessaria umiltà, deve tener conto anche del loro parere, talora determinante. Il loro è lavoro duro, richiede resistenza fisica e mentale: devi pensare velocemente, lavorare duramente, non puoi mostrare stanchezza, devi amare il prossimo, spesso trascurare la tua famiglia e la vita privata. Quanti problemi o decisioni ho condiviso con loro. Devono saper comprendere i pazienti e allo stesso tempo comunicare e interloquire con noi medici. È un mestiere meraviglioso, ma molto, molto faticoso. Purtroppo, molte caposala e molti infermieri, anche tra i migliori, spesso lasciano l’Ospedale dove hanno imparato e dato tanto e, per motivazioni economiche assolutamente giustificate, partono per la vicina Svizzera. Scelte del tutto comprensibili, perché qui, appunto, non sono remunerati adeguatamente.
Ma perché questo mio sproloquio? Molti medici e pazienti queste cose le sanno bene. Non sto dicendo nulla di nuovo. Allora?
Queste poche righe vogliono esprimere tutto il mio disappunto e stupore – anche se so quanto poco possa contare – per le recenti decisioni della Regione Lombardia, che avrebbe deciso di gratificare i direttori delle aziende sanitarie e la loro squadra (direttori sanitari, socio-sanitari e amministrativi) con “compensi extra” per gli obiettivi e i risultati raggiunti. Una squadra che, anche se fa onorevolmente il proprio lavoro, non può certo lamentarsi della propria remunerazione.
E le nostre/nostri capo-sala e infermieri, con il loro lavoro e i loro sacrifici quotidiani, non raggiungono forse gli obiettivi previsti dal loro lavoro?
Se fossi un infermiere avrei la sensazione di aver ricevuto uno schiaffo immeritato e mi verrebbe voglia di emigrare. Ma i nostri manager sanno che il personale del Circolo è bravo e fedele, che continuerà a lavorare senza lamentarsi. Fin che dura… E nessuno si vergogna. Brutto segno.
Renzo Dionigi
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