Ansaldo caldaie, taglio agli orari flessibili: ingegneri in rivolta
L'azienda ha deciso di limitare a mezz'ora la "finestra" per il timbro del cartellino in ingresso e uscita, da un'ora e mezza che era. Un'ora di sciopero con presidio e petizione per far rientrare la decisione. "Su questi orari si organizza la vita quotidiana di molti"
All’Ansaldo Caldaie di Gallarate scoppia l’agitazione sindacale. I dipendenti stamane hanno scioperato per un’ora con un presidio sotto la sede di via Monsignor Macchi, a due passi dal casello dell’autostrada. Il motivo è legato proprio, fra l’altro, alla mobilità. O meglio: alla flessibilità degli orari. A scendere in agitazione e richiedere fermamente all’azienda di tornare sui suoi passi, o perlomeno accettare le proposte di mediazione già avanzate prima delle ferie, non sono operai, ma ingegneri. Settimi e ottavi livelli, quadri. Duecentocinquanta dipendenti circa, un’ottantina le donne.
Oggetto del contendere sono gli orari di ingresso e uscita. L’azienda fin dal 1993 aveva introdotto una flessibilità molto apprezzata, che consentiva una "finestra" di ben un’ora e mezza (la mattina dalle 8 alle 9,30) per timbrare il cartellino. Misura di civiltà che consentiva ai lavoratori di organizzarsi con calma anche sul piano familiare, ad esempio per l’accompagnamento dei figli a scuola. E tornava utile visto che gran parte del personale proviene dalla zona del Milanese: molti dipendenti venivano originariamente dalla Breda di Sesto San Giovanni, e la sede stessa è stata trasferita da Legnano a Gallarate alla fine del 2003. L’azienda, al rientro dalle ferie, ha deciso unilateralmente di ridurre a mezz’ora soltanto la "finestra": dalle 8 alle 8,30. Da qui la protesta: e non basta l’allungamento della pausa pranzo, fin qui piuttosto breve (non più di tre quarti d’ora), a rabbonire gli interessati, privati di colpo di un diritto cui tenevano molto. La controproposta sindacale era di limitare la "finestra" a un’ora, a fronte della volontà aziendale di irrigidire gli orari. A fronte dell’azione unilaterale dell’azienda, è partita la controffensiva: informati i quotidiani e svolto il presidio, i lavoratori prepareranno una petizione da inoltrare ai vertici aziendali per fare presente la situazione.
Un atto gravido di conseguenze quello di Ansaldo Caldaie per i sindacalisti. Domenico Lumastro per Fiom-Cgil e Angelo Re di Fim-Cisl concordano nello stigmatizzarlo. «Non ci hanno mai dato una motivazione razionale per questa scelta: cosa dobbiamo pensare, che sia una cattiveria gratuita nei confronti di chi lavora qui?» Con loro i rappresentanti sindacali aziendali Mario Gadda (Fiom), Alberto Ghielmetti (Fim), Renzo Zambelli (Cub), che ribadiscono la controproposta di un’ora di "finestra". Ma soprattutto non si capacitano del senso della scelta della direzione. «Non siamo un’azienda di produzione qui, non c’è la catena di montaggio. A che serve dunque irrigidire gli orari? Su questi tra l’altro si organizza la vita quotidiana anche al di fuori del lavoro» Per una buona metà dei dipendenti ciò sconvolgerebbe abitudini consolidate: ma anche chi non avrebbe problemi si è dimostrato solidale partecipando al presidio. Di recente è cambiata la dirigenza: ma sembra mancare, al momento, il confronto. Dal dialogo si è passati, per ora, alla contrapposizione. «L’azienda si è impuntata su questa riduzione della flessibilità» accusano Lumastro e Re. «Ci eravamo lasciati il 30 luglio dandoci appuntamento per confrontarci, ma non è stato così» aggiungono gli rsu. Si attende un’eventuale replica della direzione.
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