Passato industriale e futuro turistico, i musei di Miva cercano una strada. E Busto Arsizio riscopre Albini

L'appuntamento di Glocal + è stato un momento di riflessione importante per la rete museale che mette insieme 8 realtà della provincia di Varese. Busto Arsizio, intanto, ha riscoperto il genio di Walter Albini

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«Stiamo facendo progressi ma c’è ancora molta strada da fare. La rete MiVa è accolta ovunque con grande interesse, da Roma a Ivrea, il mercato c’è ma va intercettato con un lavoro di rete profondo. Il turismo legato all’archeologia industriale è un settore di sviluppo per il Basso Varesotto e noi vogliamo esserci».

Così l’assessore alla Cultura di Busto Arsizio, Manuela Maffioli, ha descritto a Gocal + lo stato dell’arte della rete museale che racchiude i nove musei industriali del Varesotto dalla sala conferenze del Museo del tessile, esempio di recupero di una grande area produttiva con 25 anni di vita e un futuro tutto da scrivere.

I musei della rete MIVA

Il progetto, nato nel 2020 mentre infuriava la pandemia, è la visione che gli otto musei vogliono implementare e rendere qualcosa di concreto. Il Museo del Tessile, capofila del progetto ed esempio di recupero a fini culturali della fabbrica di una volta, il museo del volo Volandia a Vizzola Ticino che è il più grande d’Italia, il museo della motocicletta Frera a Tradate, il museo dell’Industria e del Lavoro di Saronno dove arrivò la ferrovia che portò sviluppo nel 1879, il Museo della Ceramica di Cerro di Laveno con pezzi rarissimi, il museo Bertoni (sempre a Volandia) con il design dell’auto, il museo Fisogni ancora a Tradate che è tra i musei più conosciuti all’estero, il Museo della Pipa di Brebbia e il museo Agusta di Samarate che unisce sport (motocilismo) e volo verticale (elicotteri) sono l’ossatura di questa rete che ora cerca alberghi, case vacanza, sistemi turistici pronti a portare appassionati (una nicchia che però guarda a tutto il mondo).

L’assessore Maffioli ha incassato l’impegno del direttore di Varesenews Marco Giovannelli che ha aperto l’incontro assicurando «futuri sviluppi di una collaborazione che è partita proprio grazie a Glocal +» e si fa forte del codice dei beni culturali che Silvia Vacca, conservatrice civile raccolte d’arte di Palazzo Marliani Cicogna, l’altro museo altrettanto importante di Busto, ha declinato in un focus dedicato agli articoli che ne garantiscono esistenza e funzionamento.

Il genio di Walter Albini, stilista di Busto Arsizio amato dai grandi della moda

La serata, però, non si è esaurita con questo tema ma ha acceso l’interesse dei presenti grazie alle professoresse Margherita Rosini ed Enrica Morini (Iulm) che hanno tratteggiato la figura di Walter Albini (chi è e la rinascita di un marchio), nel 40esimo della sua scomparsa prematura, avvenuto nel 1983.

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Busto non ha perso l’occasione per ricordare lo stilista a cui ha dato i natali, precursore del prêt-à-porter, che ha lasciato un’indimenticabile lezione di stile, intuito, eclettismo e innovazione, che dopo la sua morte è stata riletta da molti altri stilisti, alimentandone il mito.

La professoressa Enrica Morini, storica della moda, è stata professore di Storia della moda contemporanea alla Università IULM di Milano dove ancora tiene corsi a contratto: «Albini ha mostrato il suo talento sin dalla giovane età di 16 anni, uscito dall’Istituto d’Arte per il Disegno di Moda e Costume fondato e diretto, a Torino, da Italo Cremona per quasi vent’anni». Lì rinfocola l’amore per lo stile liberty che condizionerà la sua carriera e le sue collezioni, rivisitando in chiave moderna ed eclettica proprio quel desiderio di libertà che caratterizzò gli anni ’20 e ’30 del secolo scorso: «Poi il passaggio alla moda prêt-à-porter insieme a Karl Lagerfeld, prima con Krizia, Billy Ballo e poi con Etro e altri importanti nomi della moda». Unisce eleganza, total look e produzione di massa in capi che hanno caratterizzato gli anni ’70 e primi anni ’80, prima di spegnersi prematuramente.

Walter Albini

La collega Margherita Rosina, storica del tessile e curatrice, invece ha ripercorso le relazioni intessute da Albini con le aziende tessili, molte della quali del territorio (Cantoni, Maino, Stheli), in una ricerca forsennata delle tessiture e dei tessuti da esaltare con i propri disegni. Una ricerca continua che lo ha portato ad essere rivalutato e rivisitato fino ai giorni nostri: «Del suo lavoro abbiamo trovato molti disegni e pochi abiti. Le sue collezioni, tutte riprodotte in massa in quegli anni, sfornavano abiti che venivano usati molto e sono pochi i capi in buone condizioni che si possono ammirare al Csac di Parma fino al 23 dicembre». Chissà che la sua città natale non possa riproporla prossimamente, magari al Museo del Tessile.

La serata si è conclusa con una breve visita guidata del Museo del Tessile con la curatrice Erika Montedoro che ha accompagnato una ventina di persone tra i nuovi allestimenti.

https://www.walteralbini.org/it

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Pubblicato il 08 Novembre 2023
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