Quando la statua di San Cataldo attraversò Lonate
Il legame tra Lonate e Cirò Marina affonda le radici nell'immigrazione calabrese degli anni Settanta. Due anni fa il culmine di questa unione, con la visita della statua del santo portata da un comitato misto calabro-lonatese
Lonate Pozzolo e Cirò Marina uniti nel segno di San Cataldo. O almeno una grossa parte di Lonate, quella originaria del centro calabrese in provincia di Crotone. Un legame di vecchia data, che affonda le sue radici nell’immigrazione degli anni Settanta, quando le imprese edili lonatesi avevano bisogno di manodopera e da Cirò Marina arrivarono camion interi di capifamiglia i quali a loro volta portarono negli anni nel Varesotto mogli e figli. Oltre a tanta brava gente, anche buona parte degli affiliati alla ‘ndrangheta finiti nella rete dei carabinieri.
Da allora venne istituito un vero e proprio gemellaggio religioso con il paese calabrese, con viaggi e visite da una parte e dall’altra d’Italia. Due anni fa il culmine di questo legame, con la visita della statua del santo, portata direttamente a Lonate Pozzolo da un comitato misto calabro-lonatese che convinse don Giuseppe Maggioni a celebrare l’evento (mentre da altre parrocchie lonatesi arrivò il rifiuto), affiancato dai parroci di Cirò Marina e dagli amministratori delle due città.
Non tutto andò come previsto da don Giuseppe però. Il rituale programmato venne stravolto dall’esuberanza dei fedeli calabresi, che portarono le loro tradizioni e il loro modo di onorare San Cataldo anche per le vie e le case di Lonate Pozzolo. Il santo venne preso dalla chiesa nel corso di un matrimonio senza che don Giuseppe potesse fermare il “trasferimento”, impegnato com’era nella celebrazione. La sera della processione si racconta che il parroco abbia atteso i responsabili del comitato e gliene “abbia dette quattro”, prendendo allora la decisione di non ripetere più manifestazioni simili.
In paese si racconta anche delle visite particolari del santo nelle case dei “notabili” cirotani di Lonate e si parla a mezza voce di imprenditori (calabresi e non) che avrebbero pagato oboli pesanti per garantirsi la protezione del santo e di riflesso dei suoi fedeli più infervorati. I maligni sostengono che questo fosse un modo escogitato dai malavitosi per “costringere” gli imprenditori del posto a pagare una sorta di pizzo all’organizzazione affiliata alla n’drangheta. Molti ricordano le facce e i volti di quanti (lonatesi) parteciparono alla manifestazione e alla processione di San Cataldo, affiancati dal sindaco Piergiulio Gelosa (che poi ricambiò la visita la scorsa estate accompagnato da vicesindaco e assessori): gli arrestati dai carabinieri ci sarebbero stati tutti o quasi. Alcuni hanno riconosciuto nella celebrazione a Lonate i crismi tipici del rituale mafioso, una sorta di iniziazione e riconoscimento dell’organizzazione lonatese da parte del clan calabrese. Lo stesso don Giuseppe (nella foto), senza spingersi in supposizioni lontane dal suo modo di fare ed essere, afferma di essersi stupito molto di quando, la prima volta che arrivò a Lonate da Vedano Olona ormai dodici anni fa, notò nella piazza del paese «una lunga serie di giovani e meno giovani nullafacenti con le braccia incrociate davanti al bar centrale del paese. Cose lontane dal nostro modo d’essere, come è lontano da noi il modo di onorare la religione evidenziato con la festa di San Cataldo – commenta don Giuseppe -. Molti di quelli che salirono sul sagrato quel giorno non li avevo mai visti in chiesa: qualcuno ricordo anche di averlo allontanato dal sagrato».
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