Dall’antica Grecia all’IA, l’Io e il Noi di Umberto Galimberti riempie il Teatro di Varese
Soldout sabato 24 febbraio per la conferenza-spettacolo in cui il filosofo ha restituito valore, centralità e primato alla dimensione plurale dell'essere umano. Oltre 1200 persone ad applaudirlo
Fuori dalla logica matematica, il Due viene prima dell’Uno perché è dalla relazione che nasce l’individuo. Con questa affermazione il filosofo Umberto Galimberti ha concluso la conferenza l’Io e il Noi ospitata dal Teatro di Varese sabato 24 febbraio in una serata sold out.
Per arrivare alla consapevolezza del plurale che prevale sul singolo, Galimberti ha condotto il pubblico per mano, con passione e ironia, in un viaggio che ha toccato linguistica, filosofia, scienza, letteratura e teologia. Dall’antica Grecia al futuro del pianeta e dell’uomo nell’era dell’Intelligenza Artificiale. Senza mai perdere di vista l’essenza dell’essere umano: del suo essere individuo, comunque e sempre plurale, e il suo essere specie.
Nel suo racconto dai Dialoghi di Platone si arriva al sottosuolo di Dostoevskij passando per l’inconscio di Schopenhauer attraverso concetti che diventano semplici nelle immagini del Mito, più o meno note. Come quella di Prometeo «che aveva dato la conoscenza tecnica agli uomini e che i Greci incatenano a uno scoglio. Invece oggi oggi la nostra capacità di fare è già oltre la nostra capacità di prevederne le conseguenze», afferma Galimberti. Colpa del venir meno dell’etica del limite.
Un’assenza legata all’evvento del Cirstianesimo che racchiude tutta la cultura occidentale, inclusa quella di atei e agnostici. O di Marx, per esempio.
«La priorità dei cristiani è salvare l’anima e questo da un lato ha messo l’individuo prima della collettività e, dall’altro, ha eliminato la morte e la consapevolezza della ciclicità del tempo – dice Galimberti – Per i cistiani il futuro è sempre positivo, è progresso, come per la scienza occidentale. Mentre il passato è ignoranza, e il presente è ricerca. Ma questa insensata speranza che ha sostituito la consapevolezza della morte è drammaticamente passiva».
Per Galimberti la cultura della Grecia antica è superiore a quella cristiana e propone di insegnarla nelle scuole assieme alla filosofia che «diversamente dalla storia della filosofia è filosofare – avverte – cioè valutare le proprie opinioni e convinzioni nella relazione e nel confronto con gli altri. Invece la scuola insegna solo logica matematica, tipica dell’uomo maschio, e non quella artistica o musicale ad esempio. E ignora del tutto l’intelligenza intuitiva o emotiva che le donne hanno in più, assieme a tutte e atre intelligenze, che pure dimostrano di saper governare egregiamente».
Nel suo spiegare l’individuo si spazia dall’origine della parola e del pensiero razionale alla follia, per arrivare all’Amore, che è «una facoltà cognitiva irrazionale», dice Galimberti.
«Identità di genere e orientamento sessuale: non sono questi i temi rivelanti, come avevano già ben capito i greci. Ciascuno è una legione – afferma – Una legione in cui ci sono anche il bambino e il saggio e c’è l’altro genere, che altrimenti non riusciremmo a vedere».
E che Eros sia nato da Afrodite (dea della sessualità, necessaria alla procreazione) e Ares (dio dell’aggressività, che serve a difendere la prole) oppure, come dice Platone, Eros sia figlio di Penìa, dea della povertà e Poros, divinità del desiderio di ciò che manca, l’amore è comunque sempre generativo. Non solo perché genera prole, ma perché permette a razionalità e follia di comunicare e, se reciproco, si trasforma in Io».
Con questa immagine, tra un piccolo rimbrotto e l’invito a fare attenzione a parlare con i bambini «perché è nelle relazioni con i genitori e chi li circonda che nei primi tre anni creano le mamme emotive e cognitive all’essenza della loro persona», Galimberti ha salutato il pubblico di 1200 persone, che lo hanno ascoltato e applaudito.
Per poi incontrare chi ne aveva piacere singolarmente, in un lungo firmacopie nel foyer del Teatro.
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Ma tutti elevano questa santimonia della ragione e della fede, poiché non dando voce al proprio io si sentono incompleti, facendo appello al cuore ed alla ragione, come se la libertà fosse solo quella interiore, come se di essa si possa godere solo tramite la concessione di un diritto conferitoci da altri.
Ho inviato per email alla redazione la mia riflessione più esaustiva sulle opinioni degli uni e degli altri. Mi farete cosa gradita se vorrete darmene riscontro. Cordialità
A. Vaccari