L’arma del delitto e l’ombra di una terza persona. I misteri dell’omicidio di Andrea Bossi
Nell'interrogatorio di garanzia Michele Caglioni, arrestato con Douglas Carolo, ha detto molte cose ma l'arma con cui è stato ucciso non è stata ancora trovata. Una terza persona avrebbe avuto un ruolo
Michele Caglioni, la sera del 26 gennaio, era in via Mascheroni a Cairate e ha visto il corpo di Andrea Bossi senza vita sul pavimento del suo appartamento ma non avrebbe preso parte al delitto. Se ne è stato zitto per un mese fino a quando non sono andati a prelevarlo nell’abitazione dei nonni perchè aveva paura di fare la stessa fine di Bossi. Lo avrebbe detto al giudice per le indagini preliminari Anna Giorgetti e al pm Francesca Parola durante l’interrogatorio di sabato, durato oltre tre ore.
Caglioni, davanti a loro, ha abbassato le difese e ha deciso di collaborare, indicando nell’amico Douglas Carolo l’autore dell’omicidio del 26enne di Fagnano Olona e spiegando anche dove sarebbe stato occultato il coltello col quale è stato reciso il collo della vittima (un unico colpo mortale, ndr). Fatto sta che l’arma (probabilmente gettata in un tombino), fino ad ora, non è stata trovata.
Il legale di Caglioni, Luigi Ferruccio Servi, non conferma e non smentisce la versione secondo la quale il suo assistito avrebbe solo accompagnato Douglas Carolo in monopattino fino a Cairate in cambio di alcune dosi di hashish o marijuana ma lo descrive come un ragazzo fin troppo ingenuo, finito in una situazione molto più grande di lui. Caglioni, poi, avrebbe deciso di non andare dai carabinieri nei giorni successivi perchè era sotto minaccia, probabilmente non solo da parte dell’amico.
I misteri di questa storia, dunque, sono ancora almeno due: l’arma del delitto e il coinvolgimento di una terza persona che forse era al corrente dell’omicidio (non è in chiaro in quale ruolo, se già dall’inizio o in una fase successiva). Caglioni, dunque, ha fornito la sua versione.
«Posso solo dire che le indagini sono ancora in pieno svolgimento e che l’interrogatorio di sabato è stato molto doloroso per il ragazzo ma è stato gestito con la necessaria delicatezza sia dal gip che dal pm. Stiamo parlando di un ragazzo di 20 anni che non ha certamente il profilo di un delinquente abituale e con molte fragilità. Si è assunto le proprie responsabilità e ha fornito elementi agli investigatori con l’obiettivo di fare chiarezza» – ha detto il suo legale.
Atteggiamento completamente opposto rispetto a Douglas Carolo che, invece, ha scelto il silenzio in questa fase non confermando la versione che aveva dato all’avvocato Vincenzo Sparaco nel loro primo incontro in carcere, quando aveva detto di avere un alibi. La decisione di Caglioni di parlare, infatti, ha cambiato completamente lo scenario per lui che ora si ritrova con l’amico che punta il dito nella sua direzione, almeno per quanto riguarda il reato più grave, il terribile omicidio di un giovane di 26 anni.
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