Le offese alla moglie e l’imposizione del menù: a processo a Varese per maltrattamenti in famiglia
Ascoltate in aula le sorelle dell’imputato, che parlerà in aula scegliendo di farsi interrogare nella prossima udienza
Fino a dove può spingersi la legge nel sanzionare i comportamenti nascosti fra le mura domestiche, nascosti fra le parole e atteggiamenti insistenti? Perché alla fine, nella miriade di procedimenti penali che riguardano il pesante reato di «maltrattamenti in famiglia» è su questo aspetto che spesso si gioca la partita giudiziaria fra chi denuncia – convinto di essere vittima di un reato e che giustamente ne chiede la sanzione in sede penale – e chi deve difendersi da quell’accusa che se dimostrata, con le aggravanti, può far lievitare la pena anche oltre i sette anni. Considerazioni a margine di un processo che vede alla sbarra un ultra sessantenne (classe 1959, difeso dall’avvocato Gianmarco Piras) accusato dalla ex moglie e dal figlio appunto di una serie di atteggiamenti che integrerebbero il reato in questione (oltre alla violenza sessuale, nel frattempo prescrittasi).
Si va dal dare della «balena» alla ex moglie (con variabili facilmente immaginabili legate alle forme di alcune parti anatomiche del capo della donna), all’imposizione della consumazione di certi alimenti ritenuti dietetici e salutari, come lo yogurt («era un salutista», ha spiegato una delle due sorelle dell’imputato sentite come testimoni e che hanno rinunciato alla facoltà di non rispondere come testi della difesa dell’uomo).
Atteggiamenti, secondo le parti civili, ben oltre il paranoico e che sfociavano in comportamenti violenti fisicamente oltre che verbalmente; in aula erano presenti le parti offese, parenti dell’imputato: ex moglie e figlio (un ragazzo di 26 anni) costituitisi parti civili e patrocinati dall’avvocato Mauro Pagani. Nel corso delle testimonianze è uscito un quadro familiare difficile nei rapporti personali fra i componenti di quel nucleo che viveva sotto lo stesso tetto. Condizione aggravata dalla perdita del lavoro dell’uomo che ha mutato il suo atteggiamento nei riguardi del figlio, sospendendo le paghette settimanali dopo essere rimasto disoccupato. Ma non solo. Uno degli episodi emersi durante il dibattimento riguarda anche un forte litigio fra l’imputato e il figlio poco più che adolescente sfociato in un vero e proprio contatto fisico (con lividi lasciati sul corpo del ragazzo).
Ora non rimane, nella fase processuale che anticipa la chiusura del dibattimento, di sentire l’imputato, che verrà ascoltato nella prossima udienza dal collegio presieduto da Cesare Tacconi.
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