Marco Manfrinati tace in questura a Varese di fronte al pm, ora è in carcere ai Miogni

Il procedimento a suo carico per “atti persecutori” attivato da tempo. Gli amici di famiglia: “Non si poteva fare di più?”

Generico 06 May 2024

L’uscita dalla questura sotto la pioggia nella tarda serata di lunedì per per raggiungere il carcere dopo il silenzio di fronte al pubblico ministero che da prassi ha incontrato l’arrestato. Marco Manfrinati, ex avvocato quarantenne autosospesosi accusato di aver assassinato l’ex suocero Fabio Limido di 71 anni e di aver tentato di uccidere quasi riuscendoci la sua ex moglie Lavinia Limido di 37, resta in silenzio di fronte al pubblico ministero, assistito dal suo legale. Ora il prossimo passaggio tecnico sarà la convalida dell’arresto in flagranza di reato, quindi una nuova possibilità di rispondere alle domande del giudice per le indagini preliminari che si occuperà del caso: le accuse sono pesanti, omicidio volontario aggravato e tentato omicidio.

La città si interroga sul gesto. Soprattutto in molti si chiedono come sia possibile ancora una volta una strage familiare di quesa portata a fronte di un campanello d’allarme suonato da tempo: come rivela il Corriere della sera i procedimenti a carico del Manfrinati erano in corso da almeno due anni. C’era il divieto di avvicinamento imposto dal giudice: si tratta di una misura cautelare personale che impone all’indagato di non avvicinarsi ad una o più persone.

Nel caso in questione i soggetti coi quali l’uomo non poteva e non doveva avere contatti erano sì la ex moglie, ma anche i suoceri, un provvedimento emesso dal Gip di Varese poco più di un anno fa e tuttora in atto. Ecco: e proprio da qui che partono le considerazioni raccolte a caldo, sul posto, a poche ore da quanto avvenuto.

Nel viavai di auto anche di una certa stazza che cercavano di raggiungere i civici «alti» della via Ciro Menotti (i fatti sono avvenuti al 175, strada che di fatto corre parallela alla superiore via Campigli) c’erano anche persone che conoscono bene la famiglia. Come una signora elegante che fa anche lei l’avvocato, e che bene conosce la terza vittima di questa aggressione, la collega Marta Criscuolo, madre di Lavinia e moglie di Fabio.

Non parla senza cognizione di causa, conosce la legge, forse addirittura anche il procedimento che ha riguardato l’ex marito della ragazza che oggi lotta fra la vita e la morte alla rianimazione di Varese. Non vuole comparire con nome e cognome. Ma è lapidaria. «Qualcosa nella valutazione di quest’uomo non ha funzionato. Forse era necessario adottare misure più pesanti per controllare in maniera più efficace i movimenti di questa persona. Ma è stato deciso in maniera diversa: perché? Purtroppo in questi casi mi sembra evidente che vi sono delle falle nel nostro ordinamento, dal momento che ragioniamo sempre su quanto accaduto dopo che è successo. E in casi come questi ci sono gli strumenti per intervenire prima».

Manfrinati è stato condotto ai Miogni. I segni di quanto avvenuto nella tarda mattinata di ieri in strada se li è portati via la pioggia di questa notte.

Andrea Camurani
andrea.camurani@varesenews.it

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Pubblicato il 07 Maggio 2024
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