Italia e Svizzera, la questione transfrontaliera tra integrazione reale e cooperazione da costruire
Per la Svizzera la questione delle relazioni con i paesi che la circondano è cruciale e ieri è stata affrontata in un interessante incontro nell'aula magna della Supsi a Mendrisio, in occasione della presentazione del libro "La cooperazione transfrontaliera"
Un Paese con 4,5 chilometri di frontiera ogni 100 chilometri quadrati di territorio, 16 cantoni di confine, tre lingue e un rapporto del tutto particolare con l’Unione europea, di cui non fa parte ma con cui intrattiene intensi rapporti reali fatti di flussi di persone, beni e merci che attraversano continuamente le frontiere. Per la Svizzera la questione transfrontaliera è cruciale e ieri è stata affrontata in un interessante incontro nell’aula magna della Supsi a Mendrisio, in occasione della presentazione del libro “La cooperazione transfrontaliera”, curato da Oscar Mazzoleni e Andrea Pilotti, pubblicato da Armando Dadò Editore.
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Al centro degli interventi e della tavola rotonda organizzati dal gruppo di studio e informazione Coscienza Svizzera, la distinzione tra integrazione e cooperazione, in un’analisi a più voci per comprendere limiti e ambivalenze delle relazioni transfrontaliere della Confederazione elvetica, ma anche le potenzialità future di una vera cooperazione tra “vicini di casa”.
Introdotta da Verio Pini, la serata – organizzata in collaborazione con l’Osservatorio della vita politica regionale dell’Università di Losanna e il Club Plinio Verda – ha analizzato i rapporti tra la Svizzera e nazioni confinanti appartenenti all’Unione europea e, in un’ottica di confronto interno, ha messo a fuoco le differenze tra le tre principali regioni elvetiche di frontiera (Basilea, Ginevra e il Canton Ticino), cercando di individuare con quali situazioni, opportunità, ma anche criticità (economiche, sociali, occupazionali, infrastrutturali) si confronta ognuna di queste tre realtà.
A discutere di questi temi Oscar Mazzoleni, professore di scienza politica all’Università di Losanna, e Remigio Ratti, professore di economia in vari atenei svizzeri. Il dibattito, moderato da Franca Verda Hunziker, si è poi allargato durante la tavola rotonda coinvolgendo Bruno Arrigoni, sindaco di Chiasso; Alberto Bramanti, professore associato di economia applicata all’Università Bocconi di Milano; Antonio Franzi, giornalista dell’ufficio comunicazione della camera di Commercio di Varese; Denis Rossi, direttore di Tilo, e Francesco Quattrini, delegato del Consiglio di Stato ticinese per le relazioni esterne e segretario della Regio Insubrica.
Molta integrazione, poca cooperazione: il caso del Canton Ticino
Particolarmente interessante la disamina del professor Mazzoleni che ha sottolineato la differenza tra integrazione e cooperazione: «E’ importante distinguere tra integrazione tra aree di confine, costruita dai flussi reali di persone, beni e merci che strutturano la relazione, e cooperazione. Integrazione non è automaticamente cooperazione che è l’intenzione che crea collaborazione e dunque la capacità e la volontà di risolvere le questioni della frontiera».
Mettendo a confronto le principali regioni svizzere di frontiera (Basilea, Ginevra e il Canton Ticino), Mazzoleni ha evidenziato le differenze che intercorrono tra le politiche di cooperazione sviluppate nelle aree francofone e germanofone del Paese e quelle del Canton Ticino, sia in termini di sviluppo nel tempo, sia per quanto riguarda gli attori coinvolti: «In queste tre regioni c’è il 63% dei frontalieri della Svizzera. dunque una forte integrazione economica e culturale, dovuta in particolare alla lingua, ma non le medesime capacità di risposta in termini di cooperazione. Mentre Basilea Ginevra hanno sviluppato prima forme di cooperazione e le gestiscono in modo organizzato anche attraverso strutture istituzionali, in Canton Ticino abbiamo solo la Regio Insubrica che si occupa di questo aspetto, un solo attore e per di più di diritto privato». Molte le motivazioni geografiche, politiche e istituzionali per cui si sono sviluppate queste diversità, ma, secondo Mazzoleni, una è centrale e riguarda tutta la Confederazione: «Manca nella Costituzione federale la definizione di “cantone di frontiera”, e questa questione è lasciata alle politiche regionali, dunque risente molto delle condizioni dei diversi cantoni. Su questo è indispensabile aprire una riflessione, perché se non si ha la volontà politica di vedere la questione transfrontaliera come opportunità e non come problema, è difficile che si sviluppino adeguati strumenti istituzionali per una reale cooperazione».
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