Il pensiero agile di Pierre Louis Lions: “Non chiamatela intelligenza artificiale”

Intervista al grande matematico francese, medaglia Fields, l'equivalente del Nobel per i matematici. È intervenuto al convegno internazionale organizzato dalla Rism School dell'Università dell'Insubria

Università varie

Cosa pensa un matematico e, soprattutto, come pensa? L’idea che i matematici siano perennemente con la testa tra le nuvole, inguaribili solitari o immersi in un immaginario mondo di numeri è solo uno stereotipo caro al cinema e alla letteratura.
Pierre Louis Lions, medaglia Fields (l’equivalente del Premio Nobel per i matematici) nel 1994, una delle figure più prestigiose al mondo nel campo della matematica e delle sue applicazioni, lo smentisce non appena entra all’Art Hotel di Varese. Sollecitato da una domanda sulla situazione politica francese e le decisioni prese dal Presidente Macron dopo il voto europeo, dice: «Quello che sta succedendo in Francia è folle, la politica si gioca ormai su un livello tutto personale e narcisistico».
Lions è a Varese per partecipare insieme ad altri sessanta matematici provenienti da tutto il mondo al congresso internazionale della Rism School dell’Università dell’Insubria organizzato dal professor Daniele Cassani.

Professor Lions, che aiuto potrebbe dare un matematico alla politica in un momento così difficile?
«In Francia e non solo frequento uomini e donne impegnati in politica, ma non amo il potere e non mi piace dire agli altri quello che devono fare. Mi piace influenzarli, certo, ma non decidere perché il potere in quanto tale non mi interessa. Amo di più risolvere problemi».

Quando ha deciso che la matematica sarebbe stata il suo mestiere?
«Non c’è stata un’età precisa, perché è una decisione che risente di tanti fattori. A sedici anni pensavo di diventare ingegnere perché ho sempre desiderato conoscere come funzionano le cose. Sono entrato poi all’École normale supérieure una scuola molto selettiva. All’inizio volevo lavorare nel campo informatico, poi ho iniziato ad avere le idee più precise sulla matematica, andando a confrontarmi con altri colleghi. Però mi interessavano anche la fisica e più tardi l’economia. La verità è che sono molto curioso e la curiosità per un matematico è molto importante. La mia compagna a dieci anni ha detto ai suoi genitori che voleva fare l’insegnante di matematica all’università. E così è stato. Per me forse è stato lo sport a indicarmi una via».

In che senso?
«Ho praticato nuoto agonistico a ottimi livelli fino ai 14 anni. Mi allenavo tutti i giorni ed ero un ragazzone grande e forte. A 15 anni c’è stato un vero innamoramento per il rugby. Ebbene, nel rugby il ruolo che si occupa in campo riflette molto il carattere di una persona. Io sono una terza linea, numero 8. Bisogna avere prestanza fisica e al contempo essere pronto a conquistare la palla in uscita dalla mischia, cioè avere doti anche da trequartista. Quindi mi allenavo con i grandi per la potenza fisica, ma dovevo essere veloce e pronto come una gazzella. È questa duttilità dei ruoli, il poter fare più cose, che mi piace e soddisfa la mia curiosità. Proprio come accade con la matematica».

Università varie
da sinistra Pierre Louis Lions e Daniele Cassani

Oggi nelle nostre vite è entrata l’intelligenza artificiale o, meglio, il machine learning. Nell’opinione pubblica c’è stata subito una polarizzazione: gli entusiasti e i catastrofisti. Lei cosa pensa in proposito?
«Iniziamo con il dire che le parole sono importanti. Non amo la definizione di intelligenza artificiale, perché non significa nulla, mentre è corretto parlare di macchine che apprendono. Ma sono sempre macchine e pertanto non serve scomodare Montaigne e i concetti di anima e coscienza. Bisogna stare attenti a tutte le nuove tecnologie, cioè essere consapevoli di quello che stiamo facendo. Il fatto che un algoritmo predica qualcosa, non vuol dire che sia necessariamente vero e corretto. Il pericolo principale non sono certo gli algoritmi, ma il crederci troppo. Dunque, bisogna mantenere una mente critica per imparare a padroneggiare la novità e i suoi pericoli.
Detto questo, sono ottimista perché abbiamo molti esempi che ci aiutano ad affrontare questo passaggio. Se camminiamo per strada c’è il pericolo di essere investiti da un’auto, ma abbiamo imparato a usarla e c’è il codice stradale che detta le regole della circolazione».

A cosa bisogna fare più attenzione?
«Ai dati sensibili perché gli algoritmi manipolano i nostri file. Da questo punto di vista l’Europa ha appena emanato un regolamento per la protezione dei dati. Alcune piattaforme tra le più usate per le conferenze da remoto durante il Covid hanno i loro server negli Usa e quindi si pone un problema di protezione dei dati sensibili. Bisogna garantire più riservatezza e stare attenti senza diventare paranoici, a condizione che Biden non muoia troppo in fretta. I complottisti esisteranno sempre perché noi viviamo in un mondo straordinariamente complesso, quindi tutto ciò che può semplificarne la lettura è molto attraente. Come dicevo, il termine intelligenza artificiale non è adatto, perché stiamo parlando di uno strumento la cui caratteristica è calcolare e rielaborare in modo estremamente veloce grazie alla potenza delle Gpu».

Quale branca della matematica le piace di più?
«Sono molto pragmatico e non amo la teoria dei numeri. Amo invece l’analisi perché ha a che fare con il movimento e quindi con il cambiamento. L’analisi matematica ci serve quando vogliamo parlare di cose che si muovono, cioè quando si introduce la variabile temporale. A volte, anche in ambito accademico, viene associata all’analisi psicologica, del resto usano la stessa parola. Non sono uno specialista in psicoanalisi ma penso che ci siano delle relazioni nel procedimento di scomposizione e poi di ricostruzione. Si tira fuori un problema, lo si scompone in parti, che padroneggiamo dal punto di vista scientifico, per poi provare a fare una ricostruzione generale».

La matematica si scopre o si inventa?
«Penso che sia un’invenzione del cervello umano a cui piacciono davvero i concetti. Noi siamo programmati per creare concetti con efficienza. Un bambino impara molto velocemente cos’è una lampada, anche se una lampada è incredibilmente varia: si può accendere e spegnere, è di varie forme e diversi colori. Nonostante ciò, capirà che esiste una classe di equivalenza, come direbbe un matematico, che deriva dal concetto. La matematica però non è l’unico strumento per capire ciò che ci circonda e non tutto si riduce alla matematica. Quando per esempio ascoltiamo un’opera musicale si crea una forma di comprensione profonda che non ha nulla a che fare con la matematica. Èd è un’esperienza molto bella».

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Michele Mancino
michele.mancino@varesenews.it

Il lettore merita rispetto. Ecco perché racconto i fatti usando un linguaggio democratico, non mi innamoro delle parole, studio tanto e chiedo scusa quando sbaglio.

Pubblicato il 12 Giugno 2024
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