Verso la protesta nazionale dei medici. Anaao: “Ogni anno in 5000 lasciano il sistema pubblico”
Il direttivo del principale sindacato dei medici ospedalieri ha definito gli obiettivi da perseguire a tutela del sistema sanitario nazionale. Il 20 novembre manifestazione a Roma
Si è svolto lo scorso 20 settembre a Catania la riunione della Direzione nazionale Anaao Assomed in cui si sono discusse le linee di intervento che l’Esecutivo ha avuto mandato di attuare. In particolare è stata approvata la costituzione del gruppo di lavoro sulle problematiche degli iscritti pensionati.
Il caos del PS, l’unica porta lasciata aperta per l’accesso alle cure, le interminabili liste d’attesa, la pessima gestione della salute mentale, rappresentano gli aspetti peculiari dello scenario di crisi profonda del Ssn nel qual rientra a pieno titolo quella dei dirigenti medici e sanitari.
«Non è un problema di numeri (il dato di 410 medici ogni 100.000 abitanti, al di sopra della media OCSE, ne è la dimostrazione) – spiegano nel comunicato finale – quanto piuttosto di luoghi e modalità di impiego dei camici bianchi. Esclusi da qualsiasi aspetto decisionale e organizzativo, stretti nella morsa della burocrazia, vittime dell’insopportabile aumento dei carichi di lavoro, con retribuzioni e carriere bloccate e i pazienti- clienti sul piede di guerra, con il lievitare delle aggressioni verbali, fisiche e legali, quasi 5000 medici ogni anno lasciano il sistema pubblico prima della quiescenza e 1.500 di loro scelgono di andare via da questo Paese. Senza che nessuno si chieda il perché di questo vero e proprio esodo, e della scarsa appetibilità di quella che una volta era una professione ambita ed oggi una sofferenza da evitare».
«Il fenomeno delle aggressioni – si puntualizza – esplode per la insoddisfazione dei cittadini verso la sanità pubblica dopo 15 anni di tagli, acuita dalla trasformazione del paziente in cliente consumatore, portatore di una domanda di prestazioni da soddisfare nell’immediato con la garanzia del risultato. Nell’ambito di un mercato sanitario, si passa dalla fiducia reverenziale verso il medico “dio in camice bianco” al colpevole da punire. Una situazione preoccupante e diffusa che crea un clima di paura sul posto di lavoro per molti colleghi, e colleghe».
Tra le richieste urgenti la riforma dello stato giuridico che accentui fortemente il carattere “speciale” della dirigenza sanitaria del S.S.N., delineato dall’art.15 del Dlgs 502/92, rafforzandone la autonomia, sia nel profilo professionale che gestionale, e valorizzando la peculiarità della “funzione” svolta a tutela di un bene costituzionale. Insieme con una revisione della governance aziendale che metta al centro i valori clinici di chi il lavoro lo fa e non quelli di chi campa sul lavoro altrui, introducendo forme di partecipazione a modelli organizzativi e operativi che riprendano il tema del “governo clinico”.
«Lavorare nel Servizio sanitario, soprattutto nella dipendenza, negli ospedali e nelle ASL, è diventato sempre più pesante, ad altissimo rischio di burn-out, senza adeguate gratificazioni economiche. Da qui l’inevitabile fuga verso soluzioni professionali meno logoranti e a più alta gratificazione, nella libera professione come nel settore convenzionato o nelle sanità di altri paesi. Un lavoro in crisi di identità, quello del medico, che non può risollevarsi se non con una drastica terapia d’urto.
Noi faremo la nostra parte, già con la Manifestazione nazionale del 20 novembre, con impegno, abnegazione e senso del dovere, in un clima spesso ostile. Ma spetta al Governo, alla politica e alle Istituzioni mettere in campo tutte le soluzioni per garantire il diritto alle cure e il diritto a curare, a partire dalla legge di bilancio 2025. È il momento di un grande patto sociale tra cittadinanza, istituzioni e professionisti perché se crolla il Ssn crolla lo stato sociale. Un patto sociale che superi scelte politiche che oggi lasciano il peso dei servizi sulle spalle di pensioni, taglieggiate da mancata rivalutazione, e redditi dei dipendenti».
La Direzione Nazionale ribadisce la propria contrarietà alla Autonomia Differenziata in sanità e richiede la riforma della formazione post laurea, divenuta terreno di coltura per il neocolonialismo delle Scuole di medicina che mirano a occupare il mondo ospedaliero tenendo parcheggiati 50000 specializzandi senza un vero contratto di lavoro insieme con il completamento della L. 24/2017 sulla responsabilità professionale che superi la eccezionalità dello “scudo Covid e garantisca serenità a chi cura.
«Il disagio crescente dei professionisti e la crisi di fiducia dei cittadini nell’affidabilità del sistema sanitario rappresentano una miscela in grado di eroderne la sostenibilità, quali che siano le risorse investite. La crisi della sanità pubblica non troverà soluzione, se non insieme a quella del suo capitale umano».
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