Locale chiuso in centro a Varese: “Sanzione eccessiva”, la versione di Zia Rosy
La replica dei responsabili dell’esercizio pubblico chiuso dalla Polizia. “Mai servito alcolici ai minori”
«Una sanzione eccessiva, fuori dai confini previsti per casi analoghi, a fronte di continui controlli da parte delle forze dell’ordine». È, questa, in estrema sintesi la posizione dei gestori del locale “Da Zia Rosy“ di Varese.
Siamo in via Albuzzi, pieno centro città, strade in pavé e portoni di peso in uno dei viottoli che corre paralleli a Corso Matteotti, salotto della città. Qui nella mattinata di venerdì 25 ottobre, gli agenti della Polizia di Stato di Varese hanno notificato alla titolare del locale il provvedimento con il quale il questore ha disposto la chiusura dell’esercizio pubblico per 10 giorni. Secondo la Polizia (Divisione Polizia Amministrativa e Sociale della Questura), è emerso che negli ultimi mesi, «si sono verificate situazioni a rischio che hanno richiesto ripetuti interventi delle Forze dell’Ordine impiegate nei servizi di controllo del territorio»: ritrovo di avventori ubriachi e molesti e di persone con precedenti penali, tutti soggetti potenzialmente pericolosi per l’ordine e la sicurezza pubblica. Inoltre il 19 ottobre gli agenti della questura hanno accertato che personale dipendente dell’esercizio pubblico aveva appena somministrato bevande alcoliche a quattro minorenni (di cui uno addirittura infrasedicenne).
“Alcol a minorenni e clientela molesta”: chiuso per 10 giorni un locale del centro di Varese
I gestori non ci stanno, e contestano il provvedimento, chiedendo a Varesenews diritto di replica. «Non è così, non abbiamo mai venduto alcool a minori. Le serate che organizziamo, con molti utenti e musica, sono momenti in cui decine di persone vengono alla cassa e chiedono di consumare drink alcolici, che noi vendiamo solo a maggiorenni. È evidente che se poi il maggiorenne, uscito da qui, fa qualche metro e cede la consumazione ad un minore, noi non possiamo verificarlo. Non abbiamo questo compito».
I gestori dell’esercizio pubblico, che oggi ha riaperto i battenti, si sono rivolti ad un legale ed è stato eseguito anche un accesso agli atti, chiedendo la documentazione alla base della decisione della chiusura. «A seguito del controllo del 19 ottobre, abbiamo inviato una “pec“ all’ufficio della Questura cui non abbiamo ricevuto riscontro. E per tutta risposta è stato disposto il provvedimento preventivo cautelare ai sensi dell’articolo 100 del testo unico di pubblica sicurezza, il Tulps», spiega l’esercente ed il legale. «Dall’accesso agli atti successivo, ci risulta che il provvedimento legato alla contestazione di somministrazione di alcolici ai minori non sia sufficiente rispetto al provvedimento adottato poiché non viene contestata una recidiva».
A ciò si deve aggiungere che «da un’attenta lettura del provvedimento del questore si ravvisano ipso facto ed ipso iure diversi motivi di illegittimità. In particolare, il provvedimento impugnato è viziato da difetto di generalizzazione e di approssimazione, stante l’insufficienza degli episodi riportati a determinare – almeno per l’attività della società Da Zia Rosy – una situazione di “quotidianità” dei comportamenti». Sempre secondo il legale «nel provvedimento si fa menzione dell’ordine pubblico e della sicurezza dei cittadini senza però concretamente precisare per quale ragione nel caso di specie vi sarebbe stato un pericolo di lesione dei predetti valori se non riportato in maniera tanto generica, da risultare quasi una mera clausola di stile. Non è stato adeguatamente ponderato il rapporto tra l’interesse pubblico e l’interesse privato. Il provvedimento adottato – la cui natura legale è quella di provvedimento cautelare con finalità dissuasive – non ha sicuramente risolto il problema, sicché ha assunto la coloritura di provvedimento unicamente punitivo per il bar sanzionato. Numerosi altri profili di illegittimità potrebbero essere elencati», aggiunge l’avvocato.
Dunque che fare, verrà impugnato il provvedimento? «Non lo faremo dal momento che la procedura dinanzi al Tar risulta oltremodo onerosa. Specifichiamo che nella conduzione della nostra attività abbiamo sempre seguito le regole», concludono gli esercenti.
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