“Ogni visitatore di Expo dovrà impegnarsi a cambiare il mondo”
85 chili di cibo a testa. È quanto ognuno di noi butta ogni anno. Il Barilla Center for food and nutrition ha elaborato un documento per combattere questo spreco e che sarà alla base della "carta di Milano"
Immaginate tutto il territorio del Canada. Immaginate di coltivarlo tutto e di prendere tutto quanto prodotto e di buttarlo. Questo è quanto cibo si spreca ogni anno sulla terra. 85 chili a testa, in media, ogni anno. Tanto, troppo. Ed è proprio da qui che sei anni fa il Barilla Center for Food and Nutrition ha iniziato a lavorare per arrivare ad elaborare il documento consegnato durante il suo sesto forum internazionale al ministro Maurizio Martina. Il protocollo di Milano, un lavoro certosino che ha portato i più grandi esperti a confrontarsi sul tema che sarà alla base di Expo e che sarà alla base del documento proposto a tutti i partecipanti all’esposizione: la carta di Milano. «Chiederemo una responsabilità diretta di tutti i visitatori -ha spiegato il Ministro- per fare in modo che Expo non sia solo una serie di oggetti o padiglioni ma impegni tutti a ragionare sul tema del nutrire il pianeta». Un’attività nuova nella storia delle esposizioni universali «ma che per via dell’importanza dell’argomento non può permettersi di lasciarla all’ultimo».
Un coinvolgimento diretto dei visitatori, dunque, che punta a superare buona parte dei tre grandi paradossi che accompagnano oggi il mondo del cibo. A partire dal fatto che un terzo di tutto quanto sprecato viene buttato dal consumatore che, parallelamente, deve impegnarsi per cambiare i suoi consumi. «Se prendessimo tutti i territori usati per nutrire gli animali e gli utilizzassimo per l’alimentazione umana -spiega il professore Philip Lymbery– potremmo sfamare immediatamente 4 miliardi di persone». Ma parallelamente «se tutti mangiassero cinque porzioni di frutta e verdura al giorno, quella che abbiamo a disposizione non basterebbe». E così la sfida posta dal protocollo di Milano va ben oltre. Un impegno imprenditoriale,politico e sociale enorme. Il primo passo in calendario sarà quello della ratifica da parte del parlamento europeo del documento mentre sono già decine le aziende che lo hanno sottoscritto.
Una sfida che non può essere più rimandata. «Noi dovremo garantire il cibo a 1 miliardo di persone in più nel giro di 10 anni -spiega Marie Haga, direttrice del Global Crop Diversity Trust– e dovremo imparare a farlo con meno: meno terra, meno acqua, meno pesticidi». Un processo inevitabile che, come ricorda Ertharin Cousin del world food program richiede un cambio di mentalità radicale: «se continuiamo a fare quello che abbiamo sempre fatto otterremo quello che abbiamo sempre ottenuto ma questa volta Molta gente dice possiamo fare qualcosa di diverso, che dobbiamo fare qualcosa di diverso». È questo andrà portato a termine, con il supporto di tutti.
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