La Procura: “Contro Laura Prati usate modalità da esecuzione”
Durante l'udienza preliminare che ha approfondito le perizie psichiatriche e medico legali l'accusa mette sul tavolo una nuova carta, la ricostruzione della stessa sindaca confidata al marito nei giorni in ospedale
La "guerra di perizie" tra il pm Nadia Calcaterra e il difensore di Giuseppe Pegoraro, Maria Grazia Senaldi, ha avuto oggi il suo apice durante l’udienza del processo con rito abbreviato per l’uomo, accusato di aver ucciso volontariamente il sindaco di Cardano al Campo Laura Prati, di aver ferito gravemente il suo vice Costantino Iametti e di aver tentato di uccidere due agenti in quella mattina di terrore del 2 luglio 2013. Si sono confrontati oggi, martedì, i periti psichiatrici e medico legali delle due parti su richiesta del gup Giuseppe Limongelli sui due temi dirimenti per decidere quale sarà il capo d’imputazione per l’ex-vigile urbano cardanese.
LA QUESTIONE PSICHIATRICA – Per il consulente psichiatrico della difesa Pegoraro, quella mattina, potrebbe essere stato colto da una sorta di follia transitoria, un momento di psicosi acuta che gli avrebbe fatto perdere il lume della ragione. Un’ipotesi fortemente contestata dal perito dell’accusa che ha definito Pegoraro assolutamente capace di intendere e volere e ha rigettato come «impossibile clinicamente» una ipotesi come quella formulata dal suo collega sul fronte opposto che avrebbe citato anche le intercettazioni ambientali in carcere nei confronti di Pegoraro.
LA QUESTIONE MEDICO LEGALE – Sul fronte della perizia medico legale sul nesso causale tra la morte della Prati, avvenuta dopo tre settimane di speranza in un suo recupero, spente a causa di un’aneurisma cerebrale che l’ha colpita mentre era in ospedale a Varese. Proprio il nesso tra l’emorragia subaracnoidea massiva da rottura della pica, originata dalla dissecazione dell’arteria vertebrale, e gli spari è alla base dei due studi presentati dai consulenti di parte. Secondo quello della Procura il primo colpo sparato alla sindaca l’avrebbe fatta cadere in posizione supina, facendole battere la testa e causandole il trauma occipitale che ha dato origine alla emorragia interna. Il consulente della difesa, invece, ha sostenuto che la sindaca non sarebbe caduta a terra da posizione eretta e, quindi, non avrebbe potuto riportare un trauma abbastanza forte da causare la rottura della pica e la malformazione artero venosa sarebbe precedente all’attentato portato a segno da Pegoraro sostenendo che nulla aveva a che fare con i proiettili sparati dall’uomo.
LA CARTA NACOSTA – Il pm Calcaterra, a quel punto, ha scoperto un’altra carta e ha depositato le dichiarazioni del marito di Laura Prati, sentito pochi giorni dopo la morte della donna, nelle quali ha riportato quanto raccontatole dalla moglie nei giorni in ospedale: Laura avrebbe raccontato come si sarebbe svolta la scena del crimine nell’ufficio del sindaco raccontando che sia lei che Iametti erano in piedi quando Pegoraro entrò e che cadde all’indietro dopo il primo colpo sparatole, in posizione supina per cercare di difendersi ma Pegoraro si avvicinò sparandole altri due colpi all’addome. Per la Calcaterra si è trattato di un tentativo di esecuzione vero e proprio da parte dell’ex-vigile urbano. Il giudice ha riconvocato le parti per il 17 febbraio quando si svolgerà la requisitoria del pm e le conclusioni dei legali.
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