Gysin&Vanetti alla Fondazione Lindenberg

Prima personale del duo artistico con una selezione di opere dal loro percorso di ricerca

La Fondazione Erich Lindenberg ha chiesto al duo artistico costituito da Andreas Gysin e Sidi Vanetti, entrambi quarantenni, di allestire la loro prima esposizione personale nei locali del Museo Villa Pia, a Porza, nei pressi di Lugano.
Inaugurata il 9 novembre 2014 e prevista inizialmente fino al prossimo 8 marzo, la mostra ha già ottenuto una proroga di apertura per qualche settimana aggiuntiva. 
Chi non conosce del tutto questi artisti ha bisogno in una qualche misura di ‘digerirli’, perché la loro è un’arte del tutto destrutturata, la quale utilizza oggetti di uso comune togliendo loro il significato immediato e ricostruendolo completamente: questo processo di riqualificazione del senso di quanto visto può durare qualche minuto, ma anche ore, e si ripresenta anche dopo giorni nella mente dell’osservatore, il quale continua ripensare a nuovi dettagli visti, non rilevati sul momento, ma riconosciuti a posteriori come originali, laddove non addirittura geniali.

Lo sconcerto comincia subito, non appena entrati, ed è voluto a ben pensarci perché l’esposizione è stata progettata specificamente per gli ambienti, su due piani, di Villa Pia: è dunque pensato il forte rumore meccanico e tagliente che si avverte proveniente dal primo piano, il quale cattura subito l’attenzione del visitatore. Si sale la scala, i cui gradini sono decorati con formule matematiche, numeri e provocazioni numeriche, per preparare la mente al ‘mondo nuovo’, ed ecco, si  incontrano immagini ed oggetti dal significato del tutto non intuitivo.

Al primo piano ci sono le opere cinetiche, forse più interessanti, al secondo le opere statiche, o comunque non meccaniche.  Tra quelle cinetiche catturano l’attenzione due opere. “Digits” (2014) è l’opera che attira con il suo rumore l’attenzione dal piano di sotto: è costituita da 48 elementi elettromeccanici a 7 segmenti, di quelli che fino a qualche anno fa si usavano nelle stazioni ferroviarie o negli aeroporti per i tabelloni informativi, i quali oramai non sono più meccanici, bensì completamente digitali, spesso a led. Digits non solo è destrutturante perché è tutto tranne che un tabellone informativo, lo è anche per il già riferito rumore fastidioso e tagliente che produce, ciclico, insensato se si vuole, ma dominante nell’ambiente; una vera ‘rottura’ degli schemi mentali, e non solo.
Digits appare in una qualche maniera la sorella ‘gemella e cattiva’ di “Colour Flap”, il pannello frusciante progettato nel 2007 per l’amministrazione comunale di Locarno, del quale esiste anche un demo video postato da Gysin sul web.
Fari” (2014) è invece silenziosa, costituita da 22 elementi in cerchio, ha presumibilmente il firmware delle apparecchiature riprogettato in modo da apparire come un ‘concerto’ o una ‘danza silenziosa’ di macchine che non fanno quello per il quale sono state originariamente pensate. Anche di Fari c’è un video web, ma è meglio non rovinarsi la sorpresa. “HMS“ (2010) è invece quella geniale: appare come un parallelepipedo bianco proiettato sulla parete, che muta forma ogni secondo; sembra astratto ma è l’opera più concreta di tutta la mostra, perché rappresenta un orologio volumetrico che associa base altezza e profondità alle ore, ai minuti ed ai secondi, cosicché per un solo secondo all’ora l’immagine proiettata è quella di un cubo perfetto.

Tra le opere statiche, al secondo piano, è si segnala “Come quando fuori piove”, una parete verticale ricoperta da una composizione di carte da poker. Sul piano concettuale è importante il titolo dell’esposizione, “2+2:2×2-2” che da solo riassume le idee fondanti di questa mostra: il numero 2 come numero notevole, non solo perché gli artisti sono due, ma anche perché 2 è l’unico numero naturale ‘primo’ e ‘pari’ al tempo stesso, è il numero dei ‘due mondi’, il numero dell’Altrove; l’aritmetica inoltre, necessaria alla programmazione chiusa dei motori dei meccanismi di movimento, consente di dare all’opera di Gysin & Vanetti il significato di un’indagine sul presente.

Nonostante la tecnologia ed il software modernissimo che le caratterizza, infatti, le opere cinetiche esposte a Porza non paiono avere nulla di futuristico; sono invece, nella loro essenza, un mantra senza tempo.  Andreas Gysin e Sidi Vanetti sono stati premiati nel 2013 dalla Fondazione Pro Helvetia con la pubblicazione della loro prima monografia.
L’esposizione, ad ingresso libero, è aperta il martedì e la domenica.

 

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 13 Febbraio 2015
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