Astronomi di Tradate e Magenta scoprono come ruota la cometa McNaught
Gli appassionati hanno determinato per primi al mondo i parametri fisici della cometa, arrivando a pubblicare i risultati sulla importante rivista scientifica Astrophysics and Space Science
La FOAM13 e un gruppo di astronomi non professionisti di Magenta (MI) e Tradate (VA) ha recentemente pubblicato sull’importante rivista scientifica internazionale Astrophysics and Space Science i risultati di una ricerca da loro condotta sulla cometa McNaught, apparsa fra il 2012 e il 2013.
Federico Manzini, responsabile della sezione scientifica della Fondazione Osservatorio Astronomico di Tradate (FOAM13), Virginio Oldani astrofilo magentino e collaboratore dell’osservatorio e Roberto Crippa presidente della FOAM13, hanno per primi al mondo determinato i parametri fisici (direzione dell’asse di rotazione e periodo di rotazione) della cometa McNaught, studiando per oltre sei mesi il comportamento dei getti di materiale emesso dal nucleo cometario.
«La cometa 260P/McNaught, scoperta per la prima volta nel 2005, è una cometa periodica con un periodo orbitale di poco più di 7 anni e non era mai stata studiata prima d’ora dagli Osservatori professionali – spiegano dalla Foma13 -. È invece importante studiare questi piccoli corpi (le dimensioni tipiche di un nucleo cometario possono variare da poche centinaia di metri fino a 20-40 km di diametro nel caso delle comete più importanti), perché rappresentano il materiale più antico residuo dalla formazione del nostro Sistema Solare, avvenuta circa 5 miliardi di anni fa, e come tale da allora rimasto incontaminato. Addirittura si pensa che l’acqua sulla Terra sia stata portata dalle comete. La superficie dei nuclei cometari non è tutta attiva, ma le zone di emissione delle polveri e dei gas sono piuttosto confinate; lo studio ha permesso di scoprire che sulla cometa McNaught ci sarebbe solo una unica area attiva posta a circa 50° di latitudine».
«Molto interessante per gli studi cometari è anche la scoperta del periodo di rotazione del piccolo nucleo che avviene in circa 8 ore e 20 minuti – proseguono dalla fondazione -. Per la conduzione di questa importante ricerca gli autori si sono avvalsi principalmente del telescopio da 65 cm di diametro dell’Osservatorio di Tradate, del 40 cm di diametro della Stazione Astronomica di Sozzago (NO), di quello e di quello da 50 cm dell’Osservatorio di Sormano (CO), ma hanno anche messo a frutto una collaborazione internazionale con altri osservatori situati in Belgio, Francia, UK e alle isole Hawaii. Inoltre, grazie anche all’interessamento di Patrizia Caraveo direttrice dell’istituto di Astrofisica Spaziale e Fisica Cosmica di Milano (IASF) e di Giovanni Bignami presidente dell’INAF (Istituto Nazionale di Astrofisica), hanno ottenuto l’approvazione per utilizzare in tre notti il più grande telescopio italiano, il Telescopio Nazionale Galileo (TNG), un telescopio di 3,58 metri di diametro situato a Roque de Los Muchachos sulla sommità dell’isola di La Palma (Canarie) ad una quota di circa 2400 metri. Un esempio di rete e sinergie e di come la passione e la costanza permettono anche a ricercatori non professionisti dotati di una buona strumentazione e competenza, di raggiungere risultati di livello scientifico elevato, tanto da essere riconosciuti nell’ambito della comunità astronomica internazionale. L’articolo è scaricabile dal sito della FOAM13.
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