Confartigianato: ecco le professionalità più richieste dalle imprese
L'analisi dell''Ufficio studi dell'associazione di via Milano è una fotografia molto precisa del fabbisogno professionale delle aziende artigiane. Cresce la richiesta di mansioni manageriali
Tecnici software e geometri nell’edilizia, addetti alle macchine utensili nella meccanica, venditori e impiegati nel settore della plastica, addetti alla produzione dei tessuti nel settore tessile. Crescono anche le richieste di manager e responsabili di produzione e laboratorio. Nelle imprese artigiane, secondo un’analisi condotta dall’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese Varese, il saldo occupazionale di queste mansioni è positivo, cioè sono tra le figure maggiormente ricercate. Una fotografia molto precisa, ricavata dai cedolini di 8.909 collaboratori di 1.876 aziende, potenzialmente in grado di far incontrare domanda e offerta di lavoro.
Uno strumento utile alle aziende, agli enti di formazione, alle scuole e, perché no, anche alle famiglie che devono aiutare i figli nella scelta della scuola più adatta per avere qualche chance nel mondo del lavoro.
La ricerca evidenzia che il saldo occupazionale dei giovani negli anni della crisi è crollato: un pesante – 47,21% per quelli che hanno meno di due anni di anzianità in azienda, contro il + 36,7% dei lavoratori di lungo corso, con almeno 21 anni di anzianità. «La ragione – spiega il responsabile dell’area sindacale di Confartigianato, Giulio Di Martino – sta nel fatto che l’esperienza nell’azienda artigiana è un valore e in tempi di crisi i lavoratori con più esperienza sono quelli che vengono confermati». Spicca il tonfo (- 68%) delle assunzioni di apprendisti negli ultimi quattro anni, dato influenzato negativamente dall’incertezza normativa di questa figura professionale.
Nell’analisi vengono indicati le percentuali relative all’assunzione, l’indice di rilevanza dei saldi positivi per singola mansione e l‘indice di attrattività che indica le maggiori o minori possibilità di assunzione nelle imprese artigiane. Ad esempio, gli impiegati, i geometri e i tecnici software, che sono i più richiesti, hanno un indice di attrattività pari al 4,88, mentre gli addetti alla conduzione di impianti nella meccanica di produzione si attestano al 2,75. Tra le posizioni più richieste ci sono anche i manager e i responsabili di produzione. «Tendono a crescere le mansioni manageriali- ha commentato Mauro Colombo, direttore di Confartigianato Imprese Varese – perché c’è un processo di trasformazione in atto nella piccola impresa».
Alla presentazione della ricerca erano presenti i segretari provinciali di Cgil, Cisl e Uil, a testimonianza delle buone relazioni sindacali in questa provincia e della rilevanza pratica dello studio di Confartigianato. «Per uscire dalla crisi e invertire la rotta – ha detto Umberto Colombo della Cgil – bisogna fare cose coraggiose. Questa ricerca lo è perché dà una risposta concreta e permette di orientare in modo preciso le politiche attive per il lavoro».
La sintonia al tavolo di Confartigianato potrebbe introdurre un nuovo modello di rappresentanza 2.0, dove la condivisione di dati e la gratuità di una ricerca finalizzata al bene comune sono solo il passo iniziale. Forse è ancora presto per parlarne, ma il sorriso di Mauro Colombo è più vicino al concetto di weconomy che non alla classica contrapposizione di interessi. E non sorprenderebbe. La provincia di Varese e il suo sistema manifatturiero non hanno bisogno di scimmiottare nessuno, soprattutto per quanto riguarda le relazioni industriali, considerate da sempre un laboratorio avanzato. Che ci sia dunque la necessità di guardare avanti, per usare le parole di Carmela Tascone, è convinzione condivisa da tutti. «Questo studio – ha detto il segretario della Cisl – ci aiuta a farlo perché non si parla di sensazioni, ma entra nel merito delle esigenze del territorio».
«È il tempo reale il vero valore aggiunto della ricerca – ha concluso Antonio Albrizio della Uil- perché mette in moto un percorso virtuoso sia nell’orientamento scolastico sia nelle politiche attive del lavoro».
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