Schiume nel canale, il depuratore non ce la fa
I cittadini fanno foto, Prealpi Servizi dice che il carico di inquinanti in entrata è troppo alto, Legambiente presenta un esposto, c'è un fascicolo in Procura
Perché dal depuratore di Sant’Antonino, dove convergono le acque di Busto e quelle del torrente Arno, esce acqua ancora inquinata? È la domanda che si è riproposta nelle ultime due settimane, dopo le segnalazioni arrivate dai cittadini (ma anche dallo stesso gestore del depuratore) sulle “schiume” che compaiono nelle acque del Canale Industriale in corrispondenza dello scarico dell’impianto.
La ricomparsa delle schiume superficiali – già rilevata l’estate scorsa – è un fenomeno ben evidente, tanto che è appunto stato (anche) lo stesso gestore dell’impianto, la Prealpi Servizi, a inviare segnalazioni formali alla Provincia di Varese, su cui sorge il depuratore, e alla Città Metropolitana di Milano, nel cui territorio sta lo scarico.
La prima notifica da Prealpi è del 22 gennaio, poi ancora 25, 26, 27 gennaio: secondo i rilevamenti svolti all’ingresso del depuratore, le acque immesse contenevano tensioattivi in quantità scarichi non conformi alle norme. Insomma: dalle fogne dell’area di Busto e di Gallarate arrivava acqua troppo inquinata da tensioattivi, in quantità “non compatibili con il processo di depurazione”. Nell’impianto – fa sapere Prealpi Servizi – ci sono lavori in corso, ma si tratta di cantieri minori, che non implicano limitazioni alla portata dell’impianto. Insomma, il problema starebbe tutto a monte: Arpa, dopo le segnalazioni, ha effettuato mediante il Dipartimento di Parabiago una nuova serie di prelievi in vari punti della rete, a monte sui due collettori di Gallarate e Busto, ma anche in uscita dal depuratore e poi ancora nelle acque del canale industriale, che si trova appunto in territorio di Milano.
È questo un elemento che – ammette anche qualche tecnico – ingarbuglia le cose: il processo è in capo al territorio di Varese (con Provincia, la società ambientale Rile Tenore, Prealpi Servizi conduttore dell’impianto) ma poi il problema si presenta in un altro territorio, quello milanese. La storia dell’impianto di Sant’Antonino è sempre stata piuttosto problematica nel tempo, con anni di esposti, indagini e processi (finiti con assoluzioni, va ricordato). Nel 2013 sono stati introdotti miglioramenti (vedi qui) ma ancora adesso si stanno studiando migliorie che richiederebbero ulteriori lavori, ancora da attuare, ma nel frattempo ci si è messa anche la secca del Lago Maggiore e del Ticino: la ridotta portata dei canali rende più evidente il problema, ma rende anche più difficile intervenire. I lavori richiederebbero infatti anche una ulteriore capacità di riduzione delle capacità del depuratore, con un impatto ancora maggiore sulle acque (per cui la Rile Tenore ha già fatto la “valutazione d’incidenza aggiuntiva” del cantiere).
Per ora rimangono le schiume nel canale. Nel frattempo, il 28 gennaio scorso Legambiente Lombardia ha presentato un esposto alla Procura di Busto Arsizio, con le immagini delle schiume del 22 gennaio. E proprio il Procura c’è un fascicolo – per ora senza ipotesi di reato – aperto dal Sostituto Procuratore Luigi Furno.
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Ci vorrebbe l’atomica per ripulire questo territorio dal male peggiore: gli italiani stessi.
Inviluppati in esposti infiniti, incartapercoriti sulle loro stesso regole.
Intanto l’aria fa schifo, ci son sempre meno alberi e l’acqua ci stiamo impengano per farla diventare il latrinaio pubblico.