Pedemontana si ferma: l’azienda che deve costruirla licenzia
La Strabag, la società che ha l'appalto per le prossime tratte di Pedemontana, ha avviato la procedura di licenziamento dei suoi dipendenti. Una decisione determinata dai dubbi sui prossimi finanziamenti
Il cantiere sta procedendo (a rilento) e progressivamente i lavoratori iniziano a rimanere a casa. È quello che più o meno sta succedendo anche con Pedemontana. Solo che prima di concludere questo cantiere mancano ancora 56 chilometri di strade.
I LICENZIAMENTI – Il 21 dicembre scorso la Strabag ha aperto la procedura di riduzione del personale per fine lavori, solo che è la stessa Strabag la società che dovrebbe realizzare i prossimi lotti dell’autostrada. Dei 51 operai e 17 impiegati dell’azienda che ha in tasca gli appalti per continuare le opere qualcuno se n’è già andato, mentre i primi licenziamenti arriveranno con la fine di febbraio, quando scadranno alcuni contratti a tempo determinato che non saranno rinnovati. A fine marzo saranno più o meno il 20% i lavoratori che rimarranno a casa, mentre altri seguiranno.
I LAVORI – «Stiamo parlando del personale diretto dell’azienda, lavoratori altamente qualificati che hanno imparato le procedure di Strabag e che hanno costruito i primi tratti di Pedemontana» spiega Fabrizio Cavalli della Fillea Cgil che con i sindacalisti Salvatore Della Rocca (Filca Cisl) e Gabriele Battocchi (Feneal Uil) sta seguendo la vertenza. Il fatto che la Strabag stia mettendo alla porta i suoi lavoratori diretti, quelli che avrebbero dovuto guidare anche tutti gli altri subappaltatori è un evidente campanello d’allarme sulle concrete possibilità che l’opera venga portata a termine. «Ora i lavoratori stanno completando alcune opere accessorie -continua Cavalli- ma senza certezze sulla continuazione dei lavori la riduzione del personale è inevitabile». Anche di quelli che avevano contratti a tempo indeterminato.
I FINANZIAMENTI – Il problema è proprio qui: i soldi. L’azienda non può iniziare a costruire le nuove tratte correndo il rischio che, alla fine, i finanziamenti necessari non saranno stanziati. Per portare a termine tutto il progetto -i 12 chilometri per le tangenziali di Varese e Como e il secondo tratto di 44 chilometri della A36- servono infatti 3 miliardi di euro che, al momento, nessuno sembra intenzionato a mettere (o almeno 500 milioni per il tratto B2). Secondo Roberto Maroni i soldi che mancano dovrebbero arrivare con il cosiddetto “Piano Junker”, ma il governo -che ha già messo la sua parte di soldi concedendo anche una defiscalizzazione dell’opera- non sembra voler scucire altri euro. E l’avvio dei licenziamenti non è certamente un buon segno per il completamento dell’opera.
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