Il lago? Roba da Duri
I pesci, il tempo e i segreti dello specchio d’acqua che va da Cazzago all’Isolino raccontati da un grande pescatore
L’anello di congiunzione fra il Negus e i novellini del lago si chiama Claudio Bossi, detto Il Duro.
«Cosa vuoi, da giovane ero così, mi piaceva arrivare appena sotto il limite, non mi spaventava niente e nessuno. Allora gli amici mi hanno chiamato ‘il duro’. Tutto qui».
Il Negus è il più vecchio pescatore professionista, al secolo Luigi Giorgetti, si chiama così per via della data di nascita che corrisponde con la guerra d’Africa, quella in Etiopia, 1936.
Gli altri sono i pescatori comuni, “della domenica”, che affrontano il lago senza conoscerne i segreti, e a volte i rischi.
Il Duro non è così vecchio, ma di cose da raccontare ne ha, e saltano fuori da sole il tempo di un’uscita in barca, fin dove gli altri pescatori stanno lanciando le fascine per dar riparo alle femmine di persico durante la posa delle uova, tra una quarantina di giorni.
Partiamo da Cazzago che è quasi bello, un po’ di foschia, niente vento. Torniamo che ci son già le ondine, segno che si prepara l’acqua, ma quella che scenderà in serata. Tre giornalisti e il Duro; noi giacca a vento, lui in felpa, controvento, cappellino militare e barba non fatta: altrimenti non si chiamerebbe così.
Claudio abita a Bodio Lomnago, ma sta di casa a Cazzago. Conosce tutti i “pizzi”, le insenature, i canneti, le profondità di questo lago. E soprattutto sa di pesci, e ne parla come se li conoscesse uno a uno: la sandra, il luccio, le trote, i bass.
Li pesca, e controlla chi pesca perché collabora con la Cooperativa pescatori che oggi vanta 4 pescatori professionisti. E soprattutto li rilascia una volta che hanno abboccato, per lo più con esche artificiali, perché pesca a “tirlindana”: motore al minimo, cucchiaino o pesce finto e via, un luccio dietro l’altro.
«Ci sono sere che coi miei amici milanesi finisce anche otto a tre. Anche d’estate che non è propriamente il momento giusto per prendere questi predatori. Noi ci divertiamo così, poi li lascio quasi tutti».
Quasi: perché esiste un covo segreto dei pescatori dove nelle sere d’inverno, quando fa freddo, si rintanano a raccontarsela a colpi di ravioli al luccio o persico impanato: «Solo in quei casi tengo il pesce». Invece i pescatori professionisti il pesce lo pescano per venderlo.
Neppure il tempo di una traversata e si parla del lago oggi. «Più che il lago, è cambiato il clima – spiega il Duro – . Son cambiate le stagioni, e quindi anche i fenomeni atmosferici che le caratterizzano. Forse è cambiato anche il modo di conoscere i rischi di questo bacino. Mi è capitato per esempio di soccorrere più di una persona in canoa: gente che prende sottogamba i pericoli, per esempio, di un vento improvviso».
La barca su cui navighiamo non è grande, ci stanno 4-5 persone. E non ha remi. Se finisce la benzina? «Mi è già capitato anche quello, con un amico. Mi fa: ‘Ma non hai i remi?’. Gli ho risposto: ‘Nelle mie barche non ci sono remi’. Meno male che la benzina non era finita: eravamo in riserva, e siamo tornati a riva». Altrimenti…guardatevi il video.
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