Il tessile-abbigliamento varesino è da zona Uefa
L’assemblea del gruppo merceologico “Tessile e Abbigliamento” dell’Unione Industriali. Nel settore è l'ottava provincia in Italia che nel Varesotto conta 1.712 imprese produttive per un totale di quasi 14.400 addetti
In termini calcistici il livello è da “zona Uefa”: ottava provincia in Italia. È questo il posizionamento di Varese nel ranking dell’industria nazionale del Tessile e Abbigliamento. Un settore che nel Varesotto conta 1.712 imprese produttive per un totale di quasi 14.400 addetti. Ed è in base al numero di questi ultimi che è stata stilata la classifica elaborata dall’Ufficio Studi dell’Unione degli Industriali della Provincia di Varese, in collaborazione con l’Institute for Entrepreneurship and Competitiveness della LIUC – Università Cattaneo. Risultato finale di uno spacchettamento per comparti che vede Varese sfiorare il podio nel tessile nel suo insieme, con il quarto posto; arrivare tredicesima nell’abbigliamento; ventisettesima nelle attività della concia e della pelletteria.
Questo il punto di partenza di un’analisi sul campo presentata di fronte alle imprese del Gruppo merceologico “Tessile e Abbigliamento” dell’Unione Industriali, che nelle aule della LIUC hanno tenuto la propria Assemblea annuale. Un’analisi definita, dagli stessi ricercatori, come la Tac del T.A.C. (il settore tessile, abbigliamento, calzature) varesino. Dati di struttura riguardanti l’intera filiera presente sul territorio, ma anche andamenti congiunturali. Come quelli relativi all’export, che ha chiuso il 2015 con una crescita: +1,3%, a quota 935 milioni di euro, contro un valore delle importazioni di 566 milioni. Il settore, in pratica, nonostante la forte crisi di questi anni, continua a esportare il doppio di quanto l’intero territorio non compri da oltre confine. L’andamento delle vendite all’estero, però, non è positivo per tutti i comparti. Ad aumentare dell’1,8% sono, per esempio, le attività del tessile (in valori assoluti 528,4 milioni di euro), mentre calano del 4,7% le esportazioni della moda (294,5 milioni). Più di nicchia, invece, i livelli della pelletteria varesina che hanno chiuso lo scorso anno con vendite all’estero per 112,4 milioni di euro, ma con un notevole balzo in avanti: +17,3%.
Sul lato occupazionale, però, rimane consistente il ricorso agli ammortizzatori sociali. La Cassa Integrazione Ordinaria, per esempio, ha coinvolto 80 aziende della provincia, per un totale di 1.900 lavoratori. Sono stati, invece, 9 gli accodi di mobilità per 300 lavoratori coinvolti.
Ma, al di là della crisi e dei dati di congiuntura, cosa è oggi il Tessile e Abbigliamento in provincia di Varese? Chi produce cosa? Quali i punti di forza? Quali le prospettive? Tutti quesiti a cui ha cercato di rispondere la ricerca presentata alla platea delle imprese e al presidente del Gruppo merceologico, Piero Sandroni, confermato alla carica durante l’Assemblea. Uno studio che ha evidenziato anche in questo settore una caratteristica comune a molte realtà manifatturiere locali: la forza delle nicchie. Ad esempio Varese, con 60 imprese e 660 addetti, risulta essere il primo territorio in Italia per la tessitura a maglia. Da podio anche le attività di tintura e candeggio: terze nel Paese con 120 unità locali e 2.271 addetti. Parliamo di aziende che operano nella produzione a monte della filiera, ossia imprese che lavorano per altre imprese. Ma non solo. Il Varesotto, nelle fasi a valle, ossia con sbocchi diretti (o quasi) sul mercato è, per esempio, undicesima, per quanto riguarda la fabbricazione di borse, articoli da viaggio e accessori in pelle (84 aziende, per 605 addetti).
Esempi di una filiera che, sul territorio, rimane comunque presente in ogni sua forma, aspetto e passaggio. Un caso unico in Italia. Ma con quali caratteristiche? Personalizzazione estrema di prodotti e servizi, apertura internazionale ai mercati, incessante innovazione di processo, differenziazione sì ma con estrema attenzione ai costi: questi i comportamenti osservati tra le imprese a monte della filiera, con l’indagine qualitativa svolta su un campione selezionato. Per quanto riguarda le attività a valle, invece, le caratteristiche emerse sono: la debole apertura ai mercati esteri, la gestione attenta e selettiva (se possibile) del parco clienti, diversificazione rara, produzione locale e attenzione globale, incessante innovazione di processo, controllo della filiera, ampiezza e profondità di gamma.
Questa la fotografia fatta per lavorare da qui in avanti “sul rilancio e lo sviluppo delle nostre aziende”, spiega il presidente Piero Sandroni: «Ciò che è emerso ci impone di lavorare su tre leve. La prima è quella delle competenze: con analisi di posizionamento strategico delle imprese, con workshop sulla formazione digitale per la promozioni dei prodotti, con la ricerca di un modello lean studiato su misura per le nostre pmi, con la formazione per avere una manodopera specializzata non solo nel fashion. La seconda è quella delle tecnologie: dobbiamo creare un collegamento con le altre iniziative a carattere nazionale come la piattaforma tecnologica del tessile e forti centri di competenza presenti sul territorio (CentroCot – Centro Tessile Cotoniero). La terza è quella del mercato: dobbiamo progettare, e lo stiamo già facendo, una piattaforma in grado di dare visibilità alle singole imprese e al settore. Una piattaforma che sia in grado di mettere in luce quelle eccellenze produttive (le tre cose che ciascuno sa fare meglio), che abbiamo ancora la fortuna di avere in grande quantità sul nostro territorio».
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