Torna il “Larghesepp”, la misteriosa lingua delle montagne
Un progetto di recupero dell’antico idioma di Armio, in Valveddasca, che gli emigranti utilizzavano per non farsi capire. 'Così rinascerà la valle'
Se parlavi in Italiano, una volta arrivato a New York col bastimento in cerca di fortuna, ma anche a Torino a Genova o a Milano, ti capivano eccome quando aprivi bocca.
Ma se parlavi di ‘semegn’ per dire ragazzo o ‘stridek’ per indicare il pane allora parlavi il Larghesepp, ed era molto improbabile che qualcuno capisse cosa stessi dicendo. Lo stesso però valeva anche per i vicini di paese, che non sapevano una parola di questa lingua inventata per parlare in libertà fra amici e colleghi di Armio, ‘capitale’ della Veddasca, estremo nord della provincia.
C’è storia di tanti grandi sacrifici dietro questo idioma al centro di un progetto di recupero presentato oggi al palazzo comunale di Maccagno con Pino e Veddasca.
C’è la fatica di una vita ruvida, nei duri pendii di queste montagne, ma sempre casa di tanti valligiani che si esprimevano a modo loro, con queste parole. E c’è il sacrificio di chi dovette partire, lasciare casa e famiglia per dirigersi verso l’ignoto, che un tempo aveva molti nomi. Non solo America, ma anche Svizzera, Francia, Germania: un esercito di gessatori, camerieri, artigiani.
Questo dialetto – ma è meglio parlare di idioma – veniva parlato fino alla prima metà del secolo scorso dalla gente di Armio, in Valveddasca e ora questa lingua è diventata ormai quasi del tutto sconosciuta.
Angelo Ferloni, presidente Rotary distretto Luino Alto Verbano spiega il progetto, a cui ha collaborato: «L’idioma nasce con una forte contaminazione col romancio e dall’esigenza di impiegarlo in Piemonte, Svizzera interna, o in Liguria. La pronuncia è foneticamente unica e cercheremo di documentare con le voci degli anziani che ancora si ricordano il parlato le originali pronunce. Si realizzeranno documenti verbali, registrazioni da consegnare ai posteri e da regalare alle nuove generazioni».
«Verranno fatti interventi documentali sul posto, c’è già un piccolo dizionario artigianale: chiederemo al Comune di preservare queste realtà emozionali con una catalogazione di aneddoti, luoghi e memorie raccontate dagli ultimi custodi di questa tradizione – spiega Ferloni – Abbiamo anche coinvolto le scuole e i giovani dell’Isis di Luino a indirizzo turistico».
«Recuperare quella lingua con la quale per decenni parlarono gli emigranti che, partiti da Armio non volevano farsi capire da alcuno, è un viaggio a ritroso del tempo che non ha prezzo» ha commentato il sindaco del paese Fabio Passera.
In una seconda parte del progetto il materiale verrà consegnato ad esperti linguisti per studiarlo e far tornare in vita questa lingua, assicura Fabio Passera: «Da qui partirà la riscossa della Val Veddasca. Aldilà del Luogo fisico che ospiterà il materiale raccolto, ci piacerebbe che si tornasse a riparlare questa lingua che si immaginava fosse destinata a finire. Questi luoghi hanno voglia di tornare a vivere e questo sarà un grande inizio».
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Il rilancio della Veddasca con questa trovata folkloristica?!.. Ma dai, siamo seri, la Veddasca (detta da un veddaschino) è abbandonata ogni giorno di più. Bar e ristoranti che chiudono , paesi sempre più disabitati, boschi lasciati a sè stessi, e uno pseudo idioma che manco mia madre, che è nata lì, conosce dovrebbe salvare la valle?
Le istituzioni al posto di fare un becero marketing che non serve a nulla (e che non incanta più nessuno) dovrebbero iniziare a fare il loro lavoro, cioè fare da GARANTE della comunità. Invece di assistere inermi alla sua morte.