Sasanca, il custode che da dodici anni vive al Grand Hotel Campo dei Fiori
Abbiamo incontrato il signore dello Sri Lanka che da più di dieci anni vive all'interno dell'hotel semi-abbandonato. "Qui sono nati i miei figli e si vive benissimo"
Sasanca lo incontriamo in una giornata di luglio. Le temperature superano i trenta gradi e lo scenario, all’esterno del vecchio Grand Hotel del Campo dei Fiori è surreale: è ora di pranzo, si sentono solo i grilli e l’erba intorno è gialla, bruciata dal sole. Quando ci vede passeggiare intorno all’hotel ci saluta. D’altronde, uno dei sentieri del monte Tre Croci passa di lì e fermarsi a guardare quel che rimane della grande struttura viene spontaneo.
Sasanca (scritto come si pronuncia), sta trafficando intorno ad una automobile insieme a degli amici e dopo avergli fatto qualche domanda scopriamo essere il custode dell’hotel. Un ruolo di cui sembra andare fiero, visto che lo racconta con il sorriso sulle labbra e con quel pizzico di mistero che basta per incendiare la curiosità.
In un attimo ci racconta la sua storia, il suo arrivo in Italia e poi a quell’hotel abbandonato che per molti resta un luogo misterioso ma che per lui è casa. «Arrivo dallo Sri Lanka, ho lavorato prima a Napoli, a Capri e poi sono arrivato qua. Lavoro all’hotel da 12 anni, ormai è casa mia e sono contento». Sasanca sa bene di essere il custode di una delle strutture storiche della città e non nasconde di essere affascinato da quel grande hotel che, nonostante il disuso, custudisce ancora lo stile Liberty e il ricordo dei vecchi fasti. Un posto nel quale vorrebbero entrare in molti ma dove l’accesso è vietato. Chiuso ormai dal 1968 è in stato di semi-abbandono e nonostante tante idee e proposte per la sua riapertura ad oggi, la famiglia Castiglioni sembra non lanciare nuovi progetti per quella struttura di cui è proprietaria.
Il racconto di chi ci vive dentro da più di dieci anni quindi, diventa ancora più curioso quando spiega di stanze antiche, della vecchia cucina, della ghiacciaia, delle cantine e di locali mai visti dal pubblico. «La mia stanza preferita è la camera del re, mi piace anche l’entrata e il salone perchè sono antichi». Sasanca spiega che in tutto l’hotel si vive benissimo e l’atmosfera è tranquilla. Le immagini di Shining o di film dell’orrore che a tanti vengono in mente davanti a quell’immenso hotel dalle stanze vuote per lui sono inesistenti: «Io sono felice. Noi viviamo in una parte dell’hotel e qui sono nati i miei figli. Ormai hanno 7 e 10 anni e non vorrei mai andare via da qui».
Vivere in una struttura come quella, a quasi mille metri di dislivello da Varese e a diversi chilometri di distanza dal primo centro abitato non deve essere facile. Intorno non c’è nulla e gli inverni si fanno più rigidi ma Sasanca è tranquillo e spiega, con il sorriso di chi non ha problemi, che l’estate stanno al fresco, l’inverno i bambini hanno la possibilità di giocare con la neve all’esterno, dove vogliono e senza problemi. Il panorama è bellissimo, non hanno vicini di casa e la loro abitazione è sistemata in un’ala dell’hotel tutta per loro.
E nemmeno la solitudine sembra essere un problema: «abbiamo gli amici che ci vengono a trovare». E poi c’è la festa degli Alpini che per Sasanca e famiglia è uno dei momenti più belli dell’anno. Nel suo incerto italiano mi spiega: «Li conoscono da dodici anni, orami sono amici e ci fanno compagnia». Verrebbe voglia di chiedergli di più ma Sasanca è riservato e dopo qualche domanda torna a lavorare alla sua automobile. Mentre lo guardiamo sorridere non è difficile immaginare quanti altri racconti si potrebbero ascoltare da quelle stanze che risalgono ai primi del ‘900.
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