I migranti lasciano la stazione e vanno nel campo profughi

A spingerli è stato l'arrivo del freddo. Nel campo trovano container con letti, riscaldamento e servizi igienici. Nasce anche un osservatorio sui diritti promosso da una ventina di avvocati del foro lariano

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Il campo profughi allestito dalla Croce Rossa nell’area ex-Rizzo di Como comincia a riempirsi, svuotando nel contempo l’accampamento nel parco antistante la stazione San Giovanni dove da giugno centinaia di migranti in transito sono rimasti bloccati a causa dei respingimenti messi in atto dalle autorità elvetiche.

Le prime piogge e il calo sensibile delle temperature ha fatto cambiare idea a molti dei profughi intenzionati a rimanere nel parco e a non registrarsi nel nuovo campo aperto da qualche giorno. Se nei primi giorni le registrazioni sono andate a rilento  ma nelle ultime 36/48 ore sono salite a 200 e stanno viaggiando ad una media di una 50ina al giorno. All’interno del campo sono presenti container riscaldati e servizi igienici oltre che un tendone che fa da refettorio per la mensa.

I migranti di etnia Oromo – il gruppo maggiormente presente a S. Giovanni proveniente dall’Etiopia – continua a rifiutare di trasferirsi nel campo.

Nel frattempo la catena di solidarietà straordinaria, avviata a Como da Mensa Sant’Eusebio e Caritas, non si spezza grazie all’impegno di venti avvocati comaschi che hanno allestito un osservatorio legale per i migranti.

L’obiettivo primario, si legge in una comunicazione spedita alla stampa e alle autorità locali fra cui sindaco, prefetto e questore, è quello di monitorare la complessa situazione attuale, orientare i migranti alla luce della complessa normativa italiana, svizzera ed europea, «presentarsi e relazionarsi con le autorità e con le associazioni di volontariato (Croce Rossa in primis) per individuare nel breve termine un metodo di lavoro e coordinamento delle attività possibili, nonché per aprire e coadiuvare uno sportello di orientamento legale per i migranti».

L’osservatorio avrà il compito di sensibilizzare e coinvolgere altri avvocati, operatori del diritto e il mondo accademico per creare una rete stabile e permanente pronta ad affrontare «le problematiche legate ad un fenomeno che ora sembra avere i connotati dell’emergenza ma che nei fatti si sta dimostrando come evento storico ed epocale».

Inoltre, sono già stati presi contatti con i colleghi svizzeri per riconoscere i casi con concrete possibilità di ottenere il diritto d’asilo nella repubblica elvetica. Per tale motivo i promotori dell’osservatorio chiedono fin d’ora alle autorità il rilascio del permesso di accesso al campo di via Regina Teodolinda.

 

Orlando Mastrillo
orlando.mastrillo@varesenews.it

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Pubblicato il 21 Settembre 2016
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