La Quiete ha bisogno di un altro Giorgio Riva
Parlano alcuni lavoratori della Quiete: «Il vecchio Riva amava la sua clinica e rispettava i dipendenti»
Silvana e Claudia sono due infermiere che lavorano alla Quiete da oltre trent’anni. Hanno vissuto le fasi più importanti della clinica di via Dante, dal prestigio degli anni ’80 alle difficoltà di quelli più recenti. Entrambe concordano sul fatto che l’inizio del declino è coinciso con l’uscita di scena della vecchia proprietà, avvenuta nel 2003. «Giorgio Riva era un uomo che amava la sua clinica, della quale conosceva ogni angolo – racconta Silvana Olivieri -. Viveva praticamente qui e spesso lo si incontrava nei corridoi anche di notte. Ma la sua più grande qualità era il senso di rispetto che aveva per il personale».
Roberto, responsabile della qualità, lavora alla Quiete da quasi quindici anni e giudica ciò che sta vivendo la struttura un vero paradosso. «È incredibile – dice il lavoratore – siamo pieni di degenti, abbiamo richieste continue per le visite ambulatoriali, le nostre sale operatorie sono eccellenti, esprimiamo professionalità di livello e rischiamo di chiudere. Come dovremmo definirla questa situazione se non paradossale».
L’ACQUIRENTE CHE ANCORA NON C’È – Anche nel giorno dello sfratto (e del suo rinvio) sono circolate più voci circa l’interessamento per la Quiete di alcuni gruppi che operano nel settore sanitario. Semplici dichiarazioni d’intenti che lasciano spazio solo alla speranza ma non a un nuovo corso per la storica clinica di via Dante. L’ultimo nome fatto è quello della cooperativa Osa, grossa realtà con base a Roma e Frosinone e con numeri discreti. «Noi non molliamo – dichiara Cinzia Bianchi della Cgil – perdere questi posti di lavoro è una beffa perché la struttura funziona e anche bene per merito di questi lavoratori».
La sindacalista, che ha ricevuto pubblicamente il ringraziamento dei dipendenti (anche dai non iscritti alla Cgil) per il lavoro fatto, ha detto provocatoriamente di «essere disposta ad andare a trattare ovunque», pur di evitare questa chiusura. Una battuta per ribadire il fatto che se c’è un buon intenzionato a rilevare la clinica e le sue attività è meglio che si faccia avanti subito, perché l’ultimatum dell’ufficiale giudiziario scadrà senza ulteriori appelli il 20 gennaio prossimo. «In questa clinica – conclude Cinzia Bianchi – non c’è solo una storia da difendere ma anche un futuro che è più florido di quanto appaia oggi. Le iniziative che abbiamo messo in campo come Cgil in questo ultimo mese, convegno compreso, e di cui ne rivendichiamo la responsabilità, sono la dimostrazione che qui c’è spazio per lavorare e per investire».
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