Molina, cosa non è chiaro in quegli investimenti
Il secondo prestito è stato concesso a una finanziaria milanese
Ci sarà sicuramente una spiegazione. Ma i conti della Fondazione Molina, che non è un’azienda pubblica, non sono mai stati illustrati al consiglio comunale di Varese e dunque ecco spiegato l’alone di mistero che aleggia sopra la vicenda. Ma cosa sia accaduto tra il 2015 e il 2016, quando la onlus è stata affidata alla presidenza di Christian Campiotti, è ancora poco chiaro all’opinione pubblica.
(nella foto Lucas Gutierrez e Paola Lattuada, i vertici dell’Ats Insubria che hanno deciso la decadenza del cda del Molina probabilmente a causa della operazioni finanziarie giudicate non conformi allo statuto)
Il caso Molina parte da una prima stranezza, ovvero la notizia di un prestito obbligazionario convertibile concesso a una controllata di Rete 55. Dopo le indiscrezioni, viene fuori che il prestito c’è e che la cifra è di 450mila euro. Il caso diventa politico, perché l’editore della tv è dello stesso partito del presidente della Fondazione, Christian Campiotti.
Ora è spuntato un secondo prestito. Le rivelazioni fatte in consiglio regionale, dal commissario straordinario Carmine Pallino hanno evidenziato un prestito da 500mila euro sottoscritto a favore della Mata spa. Si tratta di una società che ha sede in via Freguglia, a Milano, con un capitale sociale di 3 milioni e mezzo di euro, il cui amministratore unico e rappresentante dell’impresa è un imprenditore di nome Carlo Vimercati. Sostanzialmente si occupa di servizi finanziari.
Il terzo punto che nessuno, tranne ovviamente chi se n’è occupato, sa spiegare, è la polizza assicurativa sulla vita a favore del Molina ma sottoscritta dall’ex presidente Christian Campiotti. Un prodotto Aviva, che secondo gli esperti di queste cose, per sommi capi, potrebbe essere una polizia che ha sottostante un mix di fondi di investimento. Si utilizza, ad esempio, quando si deve lasciare dei beni agli eredi e permette di non sobbarcarsi le tasse di successione. Ma a cosa sia servita, per adesso è un mistero.
(il consigliere regionale Luca Marsico ieri in Regione)
Un altro punto poco chiaro è perché si sia deciso di ristrutturare dei mobili antichi per 30mila euro quando i beni erano già come svalutati, oppure come mai nel 2016 le spese legali “stragiudiziali” si siano alzate fino a 80mila euro. Carmine Pallino, mercoledì, nella seduta della commissione conoscitiva sulla Fondazione Molina, ha anche accennato ad altre pratiche su cui andrebbe un po’ aggiustato il tiro, come i contratti per i servizi infermieristici o gli affidamenti diretti, fatti con indagini di mercato, ma senza bando di gara.
Campiotti aveva giustificato l’operazione finanziaria con Rete 55 Evolution dicendo, più volte, che aveva conseguito un ottimo rendimento e che aveva avuto l’avallo di uno studio milanese. In realtà, la Ats Insubria ha già affermato che non c’é traccia, nelle carte, di questa posizione da parte dell’advisor milanese. Inoltre ieri il commissario Pallino ha affermato che, se i soldi usati per quegli investimenti fossero stati lasciati nel conto corrente del Molina, avrebbero reso di più. Infine va segnalato il grande pericolo che incombe sulla Fondazione Molina. Che è una onlus, non ha scopo di lucro, ma lo scorso anno si è comportata come fosse un operatore dei mercato. Si rischia di perdere i benefici fiscali dovuto a una onlus, che nella fattispecie sarebbero di ben 600mila euro ogni anno.
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